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Pessimismo alla francese
E la sai una cosa buffa? Ho quasi 50 anni e non ho mai capito niente in tutta la mia vita.
Questo libro è una sfilata famigliare, una specie di saga dove ogni personaggio è una barca che sta affondando. Ognuno fa del suo meglio per non guardare l'altro affondare, per non sapere che sta affondando. Ipocrisia? Più che altro consapevolezza intuitiva che non si sfugge al proprio destino (Zola), estremo tentativo di non anticipare la sorte prima che bussi alla porta. E, infatti,bussa. Prima per il padre, solo e affezionato alla famiglia ma da lontano; poi per la madre che finisce nell'ospedale pubblico dove le figlie non la vanno mai a trovare. La donna viene trovata nuda nella sporcizia, lei che ci teneva così tanto alla finezza. Infine c'è la lenta morte di Sara, morte prima intellettuale con la rinuncia alle ali della scrittura, poi morale e fisica con il velo che cade dal quadretto famigliare idilliaco, la scoperta che il marito alza le mani e che Sara è affetta da alcolismo cronico e da conseguente cirrosi. Tutti bevono troppo in questa storia e l'alcol è il palliativo più efficace, la medicina magica che permette ai protagonisti di non guardare in faccia le cose. Questa storia è all'insegna del senso di colpa che ognuno sente quando incontra i famigliari, per cui cerca di vederli e sentirli il meno possibile, addirittura di non pensare a loro. Terribile l'ultima richiesta di aiuto di Sara che sa che non c'è aiuto per lei in quella famiglia.
Ma anche Emily segue Sara a ruota: il precipitare verso la solitudine, la perdita del lavoro (che aveva rifiutato di trovare alla sorella nell'unico attimo in cui poteva essere possibile farlo), la perdita di ogni relazione sentimentale e sociale segnano le ultime pagine del libro. Il libro termina con il weekend di Emily dal nipote preferito, weekend che sa troppo di elemosina e di carità cristiana, che ricorda le telefonate e le richieste d'aiuto di Sara. Il libro termina con il comportamento sgradevolmente fuori le righe della zia Emmy. Raggiunta la consapevolezza dell'inevitabile incontro con il destino, è disposta a chiamare le cose con il loro nome, a guardare la verità in faccia. Tra queste verità, c'è anche probabilmente la consapevolezza che il sacerdote Peter, il nipote intelligente, brillante, dalla casa ordinata, non potrà tenere il disordine fuori dalla sua vita per sempre.
Interessante il ruolo della scrittura per Yates: l'affondamento è preceduto dal non riuscire più a scrivere. La scrittura sembra essere la piccola stanza di frontiera, al confine tra la salute e la malattia mentale, l'ultimo baluardo a difesa dell'integrità psichica e morale della persona. L'ultima difesa offerta dall'immaginazione quando tutte le altre difese, amicizie, persone, amori sono lontani all'orizzonte.
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Commenti
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A proposito di Zola (che in questo sito è ingiustamente trascurato), c'è un'eccezione. Nel romanzo "La gioia di vivere", uno fra i miei preferiti, c'è molto del suo lato oscuro nel personaggio di Lazare.
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Di solito lo scrittore francese, a differenza di Yates, prende le distanze dai suoi personaggi.