Dettagli Recensione
Conoscere un uomo
Yoel svolge una lavoro molto particolare, è un agente del servizio segreto israeliano.
E’ abituato a cambiare spesso identità, fisionomia, nazionalità. Viaggia in continuazione, incontra persone importanti, si trova spesso in situazioni pericolose.
La sua vita è una continua recita, in cui interpreta sempre ruoli diversi.
Nello stesso tempo è un acuto osservatore: esamina, sonda, analizza gli altri alla ricerca di un punto critico, di una nota stonata, indaga continuamente sull’altrui verità. “Laser”, lo chiamano i colleghi.
Quando la moglie muore in un incidente domestico, la sua vita cambia completamente.
Lascia il lavoro e si trasferisce con la figlia, la mamma e la suocera in un’altra città.
Le sue giornate trascorrono fra la casa e il giardino. Riordina, pulisce, aggiusta, abbellisce. Ogni stanza, porta, elettrodomestico risultano perfetti. La notte, quando non riesce a dormire, prende la macchina e guida fino a raggiungere il mare.
E Yoel ricorda frammenti della sua esistenza, della relazione con la moglie Ivria che forse si è suicidata con il loro vicino di casa, del loro rapporto passionale, complicato dalla nascita della figlia Neta sofferente di attacchi epilettici.
Quale è la donna che avrebbe voluto conoscere meglio? La moglie Ivria oppure la figlia Neta?
Leggendo attentamente tutto il libro mi viene da pensare che invece la persona che conosciamo meglio è proprio lui, Yoel, il protagonista.
E’ la sua figura che emerge su tutto e su tutti, il suo smarrimento di fronte alla tragedia cui non riesce a dare una spiegazione: disgrazia, suicidio? Sua moglie aveva o non aveva una relazione con il vicino di casa?
Yoel è abituato a controllare gli altri, a dominare le situazioni: è lui che muove le fila negli incontri con le persone…ma nella sua famiglia la situazione gli è sfuggita totalmente di mano. Nella sua famiglia è impotente, perché vorrebbe comportarsi con loro così come nella sua professione, ma i rapporti che legano le persone che si amano sono completamente differenti.
Scopriamo così che la suocera lo ritiene responsabile della morte della figlia, che la madre ha paura di essere abbandonata, che la moglie lo appellava con il nome di “assassino” per via della sua professione ma che spesso gli ripeteva “io ti capisco”, che la figlia vuole liberarlo e liberarsi ed andare a vivere per conto suo. Scopriamo anche che il collega di lavoro, morto in missione al suo posto era in realtà un suo amico.
Yoel è fuggito per buona parte della sua vita senza neanche sapere perché : “che cosa mi ha fatto correre per ventitré anni da una piazza all’altra, di albergo in albergo, di terminal in terminal, nell’urlo di treni notturni che passano per boschi e gallerie, che tagliano i campi oscuri con i fari gialli del locomotore? Perché ho corso?”
E forse la risposta viene da suo cognato che congedandosi al termine di una visita gli dice: “Anche in te c’è qualcosa che non va Capitano…Tu sei una persona molto intelligente, persino furba e anche perbene…Però ti mancano tre cose serie: uno, non hai passione. Due, non hai gioia. Tre, non hai pietà. E se me lo chiedi ti dirò che queste tre cose sono legate insieme.”
Fra l’alternanza dei ricordi di episodi del passato e il racconto particolareggiato del presente assistiamo al suo cambiamento, alla sua presa di coscienza che avviene proprio nel vivere la quotidianità, nel riabituarsi alle piccole cose di tutti i giorni, ai normali accadimenti della vita, alla realtà familiare. Grazie anche alla presenza di un nuovo amico Arik, a poco a poco comincia ad arrendersi, si rende conto di poter essere utile e capisce con emozione e umiltà quali sono le cose su cui poter davvero contare