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Il giovane Holden di J.D.Salinger
Il romanzo “Il giovane Holden” di Salinger comparve nel 1951 e nel suo protagonista si riconobbe tutta una generazione di giovani americani. Letto oggi a più di cinquant’anni di distanza esso appare di un’attualità sconcertante, ma non sorprendente per la capacità di rappresentare la difficoltà e la sofferenza inevitabili per la crescita di ogni individuo.
Si tratta di un vero viaggio di iniziazione che Holden intraprende, nel momento in cui, con un atto di ribellione, abbandona la scuola che frequenta rifiutando con essa anche gli amici di cui non sopporta i difetti e gli insegnanti di cui pure riconosce il valore. Il suo dramma nasce nel momento stesso in cui si scontra con la realtà. Egli confessa sin dall’inizio di essere un grande bugiardo: questa necessità di rifugiarsi nella menzogna deriva proprio dalla sua difficoltà di accettare il mondo così com’è, con le sue ipocrisie, le meschinità, l’arrivismo e l’arroganza. Siamo di fronte all’eterna dicotomia tra sincerità e menzogna: il mondo dei giovani, quello incontaminato e puro non accetta il compromesso.
Il suo vagare per le strade di New York lo porta ad eccessi a cui non è abituato, al fumo eccessivo, al consumo di superalcolici, al fallito approccio con una prostituta, all’incontro/scontro con un’amica che ammira, ma che è troppo frivola e poco comprensiva. La vita notturna di Holden lo porta a contatto con un’umanità diversa, a volte ai margini della società, di cui egli ha in fondo orrore e terrore, ma che diventano la tappa necessaria alla sua crescita. La sua in fondo è la storia di una speranza delusa, che lo induce a porre domande che sembrano assurde, come quando chiede al tassista se egli sappia dove vadano le anatre quando il lago gela. Nel mondo in cui Holden, in cui i giovani di ogni epoca vivono, non è lecito preoccuparsi di questioni che appaiono inutili e senza senso.
Da qui nasce quel grande sogno di diventare “the catcher in rye”, come confesserà alla sorella Phoebe, l’unica con cui riesce a mantenere un rapporto di confidenza e fiducia. Holden coltiva nella sua mente la grande speranza di poter salvare quei giovani che, giocando in un campo di segale, finiscono sull’orlo del baratro: ed è il verso del poeta Robert Burns che egli ripete, ma in questo mondo, egli dice, non c’è posto per “l’acchiappatore nella segale”.
Un romanzo che a tratti ha toni satirici e a tratti persino comici, ma che in sostanza è di un’amarezza infinita. La traduzione italiana, per quanto ottima, non può certamente rendere fedelmente il significato originale del testo. Questo è il motivo per cui si è preferito rendere il titolo con il nome del protagonista, vista la difficoltà di rendere in italiano l’espressione “The catcher in the rye”, che poi assume un forte significato simbolico. Ma è tutto il linguaggio che Salinger usa, un linguaggio tipicamente giovanile, che è difficile da rendere fedelmente. E bisogna senz’altro riconoscere che una delle ragioni del grande successo di questo romanzo è da attribuirsi proprio all’espressione linguistica così aderente alla realtà del mondo dei giovani.
Un testo, questo, la cui lettura dovrebbe essere obbligatoria nelle scuole superiori, sicuramente un “must” per insegnanti e genitori.
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