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A clockwork orange
Burgess scrisse “A clockwork orange” nel lontano 1961, traendo spunto per la scelta del titolo da una frase captata casualmente in un pub londinese.
E' un romanzo tutt'altro che superficiale, carico di contenuti e piacevolmente originale per lo stile di scrittura.
Il contatto con la voce diretta di Alex, senza filtri da parte di un narratore, produce senza dubbio un effetto travolgente per chi legge, obbligando il lettore ad accompagnare il protagonista mentre ricorda la sua esperienza di vita.
I ricordi di Alex scorrono con immagini e dialoghi crudi, reali e deliranti al tempo stesso, impietosi, sinceri; un profluvio di ricordi per parlare di una scelta di vita ben precisa che si chiama “violenza”.
Violenza per scelta personale, non imposta da ambienti sociali o familiari, violenza come sinonimo di normalità, senza ombra di pentimento o scrupolo.
Il monologo di Alex è disarmante a tal punto da richiedere una pausa di riflessione per il pubblico e chiedersi quale sia il significato del personaggio, quale il messaggio affidato dallo scrittore ad un giovane criminale.
Siamo di fronte ad una mente malata o in fondo a tanta malvagità c'è una chiave di lettura?
Le tenebre e la confusione si sciolgono strada facendo, quando appare una figura pronta a contrastare il cattivo, imponendosi sull'uomo con altrettanta violenza.
E' lo Stato, il potere assoluto sull'uomo, che col suo pugno di ferro tutto può piegare, tutto può decidere, adottando qualsiasi mezzo per condizionare le coscienze ed inculcare i propri principi.
Ecco che allora il dualismo messo in scena da Burgess si manifesta nella sua interezza, disegnando un mondo quasi orwelliano.
Serpeggia e si rafforza tra le pagine una critica aspra a qualsiasi tipo di oppressione, di condizionamento, di vincolo; la voce di Burgess sembra gridare il diritto dell'essere umano alla scelta nel bene e nel male e all'autodeterminazione di se stessi.
L'idea sottesa alla narrazione è incisiva e studiatamente costruita con toni sopra le righe, cavalcando con abilità il confine tra finzione e realtà, assurdo e probabile, lecito e illecito, il tutto accompagnato da un linguaggio creato ad hoc, capace di rompere anch'esso gli schemi della normalità.
Nessun dubbio sul fatto che Alex sia una figura pienamente riuscita, non solo personificazione della violenza, ma uomo dotato di una propria individualità, i bilico tra essere carnefice e vittima sullo sfondo di un mondo privo di colori.
Leggere questo lavoro di Burgess significa imbarcarsi per un viaggio complesso che attraversa la mente di un uomo e la mente di una entità superiore ad esso, e che lo si possa condividere o meno è indubbio il messaggio affidato a queste pagine.
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Commenti
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Io ho visto l'inizio, solo l'inizio, del film e mia ha profondamente destabilizzata, non tollero la violenza gratuita, la violenza "ricreativa". Non so quanto il libro si discosti dal film ( in fondo poco conosco anche quello) ma non lo leggero' di sicuro.
Ottimo commento !
@Bruno: ho sempre sentito tantissimi commenti sul film, ma non l'ho mai visto. Avendo appreso che l'idea cinematografica proviene dal romanzo di Burgess, ho voluto leggerlo.
Il romanzo contiene un messaggio che, probabilmente, nella versione cinematografica è stato difficile trasmettere.... In effetti penso che tramite immagini, al pubblico arrivi prima il messaggio di violenza.
Io consiglierei proprio a chi come te ha visto il film di tentare una lettura del romanzo per capire se il messaggio che riesce a trasmettere la pellicola possa essere lo stesso che burgess ha voluto affidare al suo lavoro!
Concordo assolutamente con il tuo giudizio sul tema della violenza......infatti non guardo mai film del genere...
ma ci tenevo a leggere questo romanzo oramai datato e l'ho apprezzato fortunatamente!
Scusa l'intrusione. :-)
Cosa pensi dell'ultimo capitolo la cui aggiunta è stata causa di molte discussioni?
Il film secondo me invece è reso molto bene e al pari del libro si evince che non è violenza fine a se stessa, ma un mezzo per portare all'attenzione dello spettatore/lettore quei messaggi profondi che hai evidenziato nella tua recensione. Certo l'impatto delle immagini sul breve è più forte di quello delle parole ma se fossi in te proverei dare una chance al film
Ho letto a posteriori che l'ultimo capitolo è stato aggiunto in seguito, e se devo dire il vero....qualcosina si percepisce, tuttavia non mi sembra un finale avulso da tutto il resto del contesto.....anche se immagino che parte della critica possa averlo interpretato come "un passetto indietro", ehmmmm e qua mi fermo..
molto interessante anche il tuo commento, poichè fai parte della schiera che ha visto il film.....
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In gioventù ho visto il film, che mi ha creato profondo disagio. Credo di essere uscito dal cinema, prima della fine (se ricordo bene...)
Devo dire che il tuo commento mette in discussione la mia scelta intransigente e mi stimola a leggere il libro sotto una luce diversa: quella della complessità, che così bene hai evidenziato... :-)
Sì, credo proprio che -grazie a te - la mia partita con Arancia meccanica possa anche non concludersi con una sconfitta...
Bruno