Dettagli Recensione
Le more scelgono le anime da proteggere
“Non so se sia peggio perdere qualcuno all’improvviso o poco alla volta.”
NEVE A PRIMAVERA parla di maternità, di amore allo stato puro e di tutta la vasta gamma dei sentimenti possibili. C’è davvero tutto. Riesce a entrarti nell’anima, a commuoverti, a farti palpitare, provando quell’innato istinto di protezione verso il piccolo e indifeso protagonista, Daniel.
Ho imparato ad amare Sarah Jio dopo aver letto il suo romanzo d’esordio “Il diario di velluto cremisi”. È bravissima a narrare segreti e sentimenti, in una storia di mistero.
Il titolo inglese del suo terzo romanzo è “Blackberry winter”, “L’inverno delle more”, un’immagine utilizzata, all’inizio del libro, per spiegare una particolare scena, quella in cui Sarah Jio riesce a toccarti il cuore e, senza accorgerti, ti appassioni alla storia, proprio perché giunge lì, nel profondo.
Alternando i capitoli relativi ai personaggi, Sarah Jio va avanti e indietro nel tempo, nella stessa location, Seattle. Inizia nel periodo della grande Depressione, nel 1933, l’anno della celebre nevicata del 2 maggio, quando Vera Ray perde il suo bambino di soli tre anni e nessuno fa niente per aiutarla, soltanto perché è terribilmente povera. Poi la Jio vola, a quasi ottant’anni dopo, e ci parla di Claire Aldridge, giovane madre mancata, sposata con un uomo ricco, un Kensington, proprietario dell’importante giornale dove lavorano entrambi. A legare i due periodi è l’anomalia meteorologica, la tempesta di Neve a primavera, nello stesso giorno: il 2 maggio.
Claire scopre della misteriosa scomparsa del piccolo Daniel Ray nel 1933 e della mancata indagine, da parte della polizia, per il suo rapimento. Claire ha bisogno di sapere che fine hanno fatto Daniel e sua madre, vuole scoprire se sono riusciti a ritrovarsi. Scoprire la verità, diventa di vitale importanza per Claire ed anche per chi legge il romanzo, perché ormai è troppo coinvolto.
“Quando perdi qualcuno che ami tanto, è come se ti amputassero una mano. Non trovo altro modo per descriverlo. Tutto diventa più difficile. E niente sembra più lo stesso.”
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