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Sognando il Tibet
I rossi fiori del Tibet portati in dote dalla Cina ricoprono infinite distese agrarie di papaveri, papaveri da oppio.
Il colore intenso imporpora gli occhi ed il lattice narcotizzante che sgorga dal frutto intride l'aria e avvolge nobili e schiavi, come pure l'odore di guerra sembra non voler dare pace ai cieli asiatici.
Eppure il Tibet di inizio Novecento incarna un mondo esclusivo, a se stante, regolato da leggi tribali arcaiche. Terra di latifondi di pochi grandi capi, il romanzo fotografa e racconta di una terra speciale , isolata allora come oggi e molto legata a riti, magia e violenza. Pace e guerra.
Tra magnifiche montagne e terreni agricoli, sorgenti di acqua calda e laghi illuminati da stelle lucenti, tordi canterini e passeri di montagna dal becco verde, inverni rigidi di neve e ghiaccio e primavere profumate del manto di erba nuova, addentrarsi nella storia della dinastia Maichi per scoprire la sorte di un grande uomo, di un grande capo, di un intero Paese.
L'io narrante spetta al figlio minore del capo Maichi, concepito da padre ubriaco egli cresce nell'utero della madre portando con sè il seme dell'idiozia. Eppur chi si crede intelligente si guardi alle spalle, sia mai che stoltezza non sia ombra sua, invece di quella di colui che egli deride.
Moderatamente lungo il libro, lo stile di scrittura non e' brillante eppure ha il pregio di intrigare, di non annoiare e di riuscire a calare intensamente il lettore nella mente di un uomo che idiota o non idiota sicuramente si distingue dagli altri nella lentezza dei suoi ragionamenti talvolta, nelle apparentemente sciocche elucubrazioni talaltra, nella capacita' innata di precorrere i tempi in un tripudio di lungimiranza.
Una lettura molto interessante ed evocativa tra mito , leggenda, profezia e storia vera.
Poi sul tetto del Tibet, come ovunque nel mondo, arriva la morte.
Ma la morte tibetana riguarda la carne, l'anima invece sale al cielo per tornare poi sulla terra in un altro corpo.
Camminando su sentieri alle pendici di picchi innevati , sotto cieli tersi e turchesi incorro in mulinelli d'aria che alzano al cielo polvere e foglie d'autunno. Non serve ripararsi gli occhi, non e' vento, non puo' far male. E' il moto dell'anima di un congiunto che sale in paradiso, e la polvere e le foglie si riposeranno a terra dopo l'ultimo saluto.
Buona lettura.
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Commenti
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Complimenti davvero....
brava cub
notte paola
ora che leggerai?
:-) ora non so devo ancora decidere
Condivido la tua opinione interamente, non potevi trovare parole più giuste e intense....
Io spero che il signor Alai si decida a scrivere la prosecuzione di questa storia così come era previsto nella sua idea iniziale,..... chissà....
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Il Tibet rimane un sogno, almeno nell'immaginario... Tu ce l'hai fatto sognare :)