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“La città sgozzava le vecchie signore...”
“Era inverno a Belleville e c'erano cinque personaggi”. Inizia così la favola metropolitana di Pennac, mentre il lettore dubbioso cerca di capire come approcciarsi alla narrazione. Perché il tono è ironico fin dalle prime battute, lo stile brillante, ma subito dopo arrivano, spiazzanti, splatter e poesia, un colpo di pistola che fa esplodere un cranio “formando un grazioso fiore nel cielo invernale”.
E poi c'è la strampalata famiglia Malaussène, fratelli e sorelle figli di molti padri grazie alla candida sensualità di una madre perennemente gravida, “bella come una bottiglia di Coca Cola piena di latte”.
Voce narrante nella metà dei capitoli è il capofamiglia Benjamin, ufficialmente direttore letterario di una casa editrice ma di fatto capro espiatorio, “capro fino al midollo”.
Il suo compito, peraltro ben remunerato, è sciropparsi le lamentele dei clienti, colpevole di tutto agli occhi di tutti. Piagnucolare e spuntarla, spuntarla e vincere, questo deve fare.
Ogni tanto il capro alza la testa, butta là con rabbia pacata qualche bestemmia agnostica, si concede zitto zitto un'azione scorretta, per esempio un rapporto sessuale con la sua donna in stato comatoso. Ma possiede anche un cuore che palpita di incertezze: “Sono un innamorato pieno di dubbi, ho il cuore che dubita. E perché mi si dovrebbe amare? Perché io invece di un altro?”.
Facciamo la conoscenza di Pastor, poliziotto arguto con l'aria bizzarra e senza età del Piccolo Principe, che passa le sue notti su una branda "in un ufficio da sbirro mal pagato".
Tocca a lui e al suo collega impasticcato di ansiolitici scoprire chi in città passa il tempo a sgozzare vecchie signore. Entrambi hanno dei conti da saldare con la vita, afflitti dal dolore inconsolabile di chi, un brutto giorno, ha visto morire l'amore.
Lo scrittore rifugge decisamente dai cliché e punta sul demenziale per denunciare pressanti problematiche sociali: anziani abbandonati, droga, corruzione.
La trama del romanzo è forse troppo attorcigliata e poco verosimile, lo sviluppo del noir non è certamente dei migliori, ma poco importa: alla fine resta un fondo di bellezza “vero come l'oro” e la sensazione di non aver sprecato il proprio tempo nella lettura.
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