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Iddische Glick…fortuna da ebrei
Oh Irene, cosa non sai plasmare? Le parole diventano suoni cacofonici nelle tue mani, gli uomini diventano burattini che si muovono maldestri e senza posa sempre nelle tue mani, ma con quanta grazia e talento sai dare un senso a tutto quello che scrivi. Metti in ballo le percezioni degli uomini risaltando il lato più debole e sai creare tarli irreversibili che si stagliano nell’universo senza tempo. Il tuo tempo è il nostro tempo…è adesso, la nostra società che sembra cambiare con la storia è immutata nella sostanza. L’uomo è uguale da sempre.
E dire che il primo libro che si pubblica in genere è acerbo, il tuo Irene è stato troppo perfetto, nel 1929 hai saputo indignare e farti ammirare.
Strumentalizzare.
E’ questa l’azione che sai trarre dagli uomini e dalle donne che racconti nelle tue storie, strumentalizzare gli altri col solo fine di soddisfare se stessi, l’egoismo che pervade gli animi di chi cerca coi denti la felicità, la ricchezza , la gloria e l’amore.
Hai strumentalizzato David Golder solo per beneficiare Gloria, la venale moglie e austera donna incapace di fare un sorriso e la figlia Joyce, giovane insolente, frivola, vuota e sgualdrina.
Il dio denaro impera nelle sue forme di soddisfacimento, sotto forma di titoli petroliferi, collane di perle grosse come sassi, diamanti superlucenti e vistosi smeraldi, mobili di superba fattura, fino all’ultima lussuosa Rolls Royce o Bugatti.
David Golder, il denaro che ti sei sudato a colpi di affari, notti insonni, titoli di borsa in caduta, in ripresa e poi il crollo economico e l’inevitabile crollo fisico, il cedimento di tutto quanto senza poterlo controllare è stato effimero.
Un uomo incapace di cercare il rispetto, la felicità, una vita consumata alla ricerca della ricchezza, ma vuota di calore e certezze, un uomo strumentalizzato per produrre denaro.
Tutto e niente. Nessuno spiraglio di gioia, di felicità gratuita, ma tutto rapportato a misura di denaro di quello palpabile tra le dita, carta che si misura a suon di collane e di cigolò ebeti e parassiti senza arte e né parte.
“Vedi, il fatto è che io nella vita voglio tutto,altrimenti preferisco morire! Tutto! Tutto!”
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Commenti
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@Bruno
Irene la adoro! Mia nonna mi diceva "L'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del Re" :D
@Cristina e Eva
Si è ripetitiva a volte, perchè le sue storie sono incentrate su quello che la vita le ha fatto conoscere e su quello che percepiva e di fatto si denota sempre questa superba sensibilità.
@Enrico e francesca
Un libro triste in fondo, però l'amarezza è sempre il corrispettivo di quello che l'uomo semina, non è difficile rimanere coinvolti.
@Anna Maria e Mario
Si ti piacerà, il mio preferito finora è "Il vino della solitudine"
Grazie Gracy, molto appassionata e quindi appassionante.
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Credo sia giusto volere tutto, non accontentarsi. Perché la vita quasi mai è generosa e volendo tutto, forse qualcosa si ottiene...
Gracy, tu sai sempre come cogliere spunti e aggiungerne di personali. :)