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“E’ meglio morire di bevute che di sete”
Parola di Angelo Musso.
Per le strade della mia Sicilia in queste fresche mattine autunnali e soleggiate di giorno è un continuo fermento di trattori ricolmi di grappoli d’uva e cantine fibrillanti che macinano acini di tutti i colori, un tripudio ricco di laboriosa fatica che si trasformerà a breve in quel piacere godereccio che tutto il mondo ci invidia, il buon vino novello.
Anticipo l’uscita del vino dalle tinozze con un brindisi speciale, in alto i calici al nostro Jonh Fante, scrittore americano di origini italiane nato ai primi del novecento, che ha fatto rivivere in maniera straordinaria squarci di italianità, tradizioni e atteggiamenti che spetta solo agli italiani per molte caratteristiche.
Fante ha utilizzato una scrittura marmorea, diretta, nitida e la traduzione ha regalato un italiano elegante, d’altri tempi, ma vivo, vivo perché è realmente il vissuto provato dall’autore come molti italiani che emigrando in America hanno mantenuto tradizioni e costumi, atteggiamenti e modi di pensare. Eppure molti emigrati e figli di emigrati non hanno mai visto le loro terre d’origine.
“Me ne sto seduto nella mia stanza piccola e sudicia a succhiarmi il pollice cercando di scrivere un romanzo…La storia di quattro italiani vecchi e ubriaconi, di Roseville, un racconto su mio padre e i suoi amici.”
"La confraternita dell’uva" è un piccolo capolavoro del nostro Novecento, pubblicato per la prima volta nel 1974 è un inno alla famiglia, un inno alla ricerca della propria identità nel mondo.
Una combriccola di amici che si riuniva al cafè Roma davanti a un bicchiere di vino di troppo e davanti a un mazzo di carte a dissipare tutte le loro risorse economiche guadagnate col sudore della fronte e a sospirare dietro a ogni gonna che passava.
Un idilliaco ritratto per molti versi autobiografico, struggente, divertente e non è difficile rimanere affascinati dal modo di come viene narrato e descritto l’amore per Nick Molise padre padrone dotato di molti limiti e l' affezione verso la madre, vittima e accondiscendente, debole e quasi ridicola nel suo cappotto di seconda mano, ma amabile nel suo insieme. Scritto in prima persona dal figlio Henry, che incarna lo spirito di Fante in persona, scrittore famoso che narra col cuore in mano di come è arrivato a scrivere piuttosto che diventare muratore come il padre, della fatica e degli stenti patiti prima di diventare famoso, non tralasciando il suo ringraziamento a Dostoevskij e ai suoi fratelli Karamazov.
E’ difficile non rimanere deliziati dalla cucina profumata di manicaretti a base di melanzane filanti al formaggio, cosce di agnello e patate al forno, fritto misto di scampi e cavolfiori, tutto innaffiato di vino, quello di Angelo Musso, quello buono per intenderci.
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Commenti
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Soprattutto dopo un commento che ha i colori di un bel quadro e la musica dell'edonismo... :)
voto alto.
Bella recensione, molto ricca di colori, e anche di sapori invitanti.
sarà da mettere in lista, dato che non conosco l'autore.
brava gracy
bel commento Gracy!
Brava!
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