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Un mistero di nome Pastora.
Nella Spagna degli anni Cinquanta un medico ricercatore francese e un cinico giornalista spagnolo iniziano la ricerca dell’unico sopravvissuto del movimento antifranchista del maquis, un ormai celebre bandito chiamato La Pastora, che si cela dove ancora nessuno l’ha scovato. Ma è un uomo o una donna chi si nasconde? E un mostro assetato di sangue o un essere sofferente? Sciogliere l’enigma non sarà facile, anche perché i due ricercatori si troveranno in un ambiente ostile e saranno presto preda dei loro fantasmi, dei loro rimpianti e della loro ambiguità, che è in fondo quella che è dentro ogni essere umano. E il Paese che attraversano non li può aiutare a ritrovarsi, perché è ancora perso nei postumi della guerra civile e di quello che è venuto dopo, pieno di rancore e di vergogna, sofferente e senza speranza. A mano a mano che la narrazione procede penetriamo in una Spagna maestosa e aspra, selvaggia e crudele, che avvolge i due ricercatori e li spinge a guardarsi dentro per trovare, passo dopo passo, la vera motivazione della loro ricerca. E intanto il racconto de La Pastora ci permette di attraversare il deserto della sofferenza di quest’essere, che conosce tutte le sfumature del dolore e che vuole che la sua verità giunga agli altri, a chi l’ha sempre aborrita come un mostro feroce o uno scherzo della natura.
Alicia Giménez-Bartlett ci accompagna in questo viaggio con la sua scrittura fluida e precisa. La narrazione solo in pochi frangenti cede alla monotonia e alla ripetitività e ha i suoi migliori momenti nell'indagine attenta dell’animo del bandito. Nel dolore di quest’essere, vissuto e morto solo, la metafora della Spagna, impotente ma dignitosa di fronte al male che l’ha attraversata.