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Nei penetrali di Barcellona
Leggendo questo romanzo, ho avuto conferma di come una città possa essere vissuta in senso soggettivo da chi vi abita o da chi la visita.
Così Barcellona – che per alcuni è la città d’arte del modernismo catalano di Gaudì, per altri è il fulcro della mediterraneità più solare, per altri ancora è centro culturale di incontro e di divertimento (anche calcistico e sportivo!) – per Carlos Ruiz Zafon è un dedalo intricato, misterioso e sorprendente, che nasconde nelle proprie viscere una realtà sommersa che si rivela lentamente se qualcuno vi scava (in senso narrativo più che archeologico).
Il compito di disvelare il fantasioso inconscio di Barcellona viene affidato in questo romanzo a Oscar che, a distanza di anni, racconta una straordinaria vicenda:
"Non sapevo ancora che, prima o poi, l'oceano del tempo ci restituisce i ricordi che vi seppelliamo. Quindici anni più tardi, mi è tornato alla mente quel giorno. Ho visto quel ragazzo girovagare nella bruma della stazione Francia e il nome di Marina si è infiammato di nuovo come una ferita recente.”
I fatti evocati, sospesi tra sogno e realtà, oscillano tra romanticismo gotico e horror e si riferiscono al periodo che va dal settembre 1979 al maggio 1980: quando Oscar era studente quindicenne in un lugubre collegio, dal quale era solito evadere eludendo sorveglianza e regole, per la curiosità di esplorare angoli e interstizi della metropoli spagnola.
In una di queste fughe clandestine, Oscar si lascia ammaliare dalla musica di un grammofono. Ne segue le note e penetra in una casa sconosciuta, dalla quale trafuga la fonte del suono. Poi si pente e decide di tornare a restituire la refurtiva. In quest’occasione conosce l’evanescente Marina e suo padre Germàn Blau, un pittore perduto nel dolore per la morte dell’amatissima moglie. Oscar si sente irretito dal mistero che avvolge la realtà familiare di Marina: quelli che ha conosciuto sono fantasmi o persone reali? E se sono persone reali, da quali fantasmi del passato sono agitati? Di quali segreti inconfessabili sono i metafisici custodi?
“Tutti custodiamo un segreto chiuso a chiave nella soffitta dell'anima. Questo è il mio."
Addentrarsi nel mistero di Marina (“Non si capisce niente della vita finché non si comprende la morte...”) significa imbattersi in una donna velata di nero, che ogni giorno visita una tomba anonima nel cimitero di Sarría. E significa imbattersi in uno stuolo di esseri mostruosi, ibridi malformati, spaventosi nell’aspetto ma forse capaci di provare sentimenti.
E se il romanzo fosse tutto un’allegoria? E se dietro a una storia di fantasmi, di morti viventi e di vivi trasognati e letargici si nascondesse la pantomima del mistero esistenziale e del doloroso transito dall’adolescenza alla maturità? Io l’ho sospettato, ma non nascondo che può essere altrettanto divertente leggere il romanzo per quello che è nelle parvenze: un fantasy horror, gotico per le atmosfere e altrettanto gotico – non in senso tecnico - nella sua architettura, lambiccata e fiammeggiante come quella della Sagrada Familia …
Bruno Elpis
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ottimo Bruno
@ Marcella: forse sono un ingenuo, ma penso che dietro una buona architettura ci sia comunque un buon artista. Al di là dei miei gusti personali. Inoltre, sono sempre portato a chiedermi quali siano le ragioni di un successo editoriale massivo, piuttosto che storcere il naso come fanno molti... :-)
al di là dell' ipotesi da te enunciata, a me zafon è piaciuto molto, nel senso che i suoi testi, sono avvincenti e appassionanti.
io non ho trovato significati profondi, ma lo rileggerei domani. aspettavo un suo cambiamento, nel genere,come anticipato dall'autore, ma non è avvenuto, forse questo mi ha un pò deluso. comunque marina è stato ugualmente piacevole. vero che il suo modo di descrivere barcellona è molto particolare, tu lo hai descritto davvero bene.
bravo bruno,
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