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Echi caduti nel vuoto?
Sin dalle prime pagine mi è apparso piuttosto chiaro che non avrei trovato la stessa intensità che ho trovato qualche anno fa in Mille Splendidi Soli, altra opera di Hosseini al mio attivo. “E l’eco rispose” non può essere considerato un libro cattivo; è sicuramente gradevole, i contenuti non sono certo scarni o miseri ( semmai si eccede nella direzione opposta: è come una tavola fin troppo imbandita e piena di vivande); va decisamente bene come lettura di intrattenimento: è un’ epopea romantica e struggente, in cui il filo conduttore, a dire il vero un po’ seppellito sotto molta, troppa, varietà di vicende, sembra essere l’importanza delle scelte, cosa tenere per noi stessi e cosa concedere agli altri; partire, restare, accogliere, rinunciare, negarsi, donarsi: il peso delle nostre scelte personali sulle sorti degli altri, il sacrificio, le decisioni laceranti quanto necessarie.
Eppure qualcosa manca, forse appunto soffocato dalla sovrabbondanza di personaggi e situazioni. Ci si affeziona subito a Pari, ad Abdullah, persino a Parwana e a Sabur; poi a Nabi, a Sulemain, a Nila… Se non avessi letto il libro, avrei detto che sette personaggi, ( senza contare Pari “seconda” che appare nella parte finale del libro, e sua madre Sultana) tutti abbondantemente caratterizzati, sarebbero più che sufficienti a costruire un libro avvincente ad articolato. Ma ecco aggiungersi altre storie, a sé stanti, anche se ( a volte davvero minimamente) collegate alla storia principale. Non ci sarebbe nulla di strano o di male, nello scrivere un romanzo che funziona quasi come una raccolta di racconti; le storie dei due cugini Idris e Timur, del dottor Markos, della sua amica sfregiata Thalia, di Madaline e Odelia; di Adel e Gholam (l’unica, questa, ad essere davvero funzionale alla storia principale) sarebbero, in sé, dei racconti niente male. Il problema sorge nel momento in cui gli spazi dedicati ai vari personaggi sono talora eccessivi, talora stringati. Laddove ci si aspetterebbe una minuzia di particolari, si trovano vite intere compresse in una pagina e mezza; mentre ci si ritrova impazienti di superare un paragrafo o una parte a volte fastidiosamente prolissa.
L’eco del titolo, in realtà, di risposte è piuttosto avara, per quanto riguarda la vicenda che si erge tra le altre come principale; senza arroganza, azzarderei a dire che il finale poteva essere gestito meglio, magari avendo lasciato sparse alcune piccole tracce durante il corso del libro, che potevano essere riannodate alla fine, se non altro per pacificare l’animo del lettore che dopo 450 pagine si aspetta di più che una visione romantica e onirica, bella ma priva di una vera sostanza conclusiva.
Consigliato, non consigliato? Dipende. Leggetelo se vi piacciono le vicende piene di buoni sentimenti, se amate le storie commuoventi, che parlano di famiglia, di personaggi buoni e generosi. Non leggetelo se siete attenti alla costruzione, al ritmo e all’equilibrio di un libro, e se siete alla ricerca di quell’opera dopo la quale nulla sarà più come prima. Per quanto mi riguarda, un’avventura letteraria che non ripeterei.
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