Dettagli Recensione
Un filo sottile, tanto morbido quanto pressante...
'Quando avrai vissuto a lungo come me, scoprirai che la crudeltà e la benevolenza non sono che sfumature del medesimo colore.'
È bello tornare dalle vacanze e scoprire, durante una sosta all'autogrill, che Hosseini ha scritto un nuovo, straordinario romanzo.
Straordinario perché la sua penna è unica al mondo per l'enfasi che riesce a trasmettere - quasi fossero una sua proprietà esclusiva - ai suoi scenari notturni, accarezzati dal vento e dalla flebile, ma comunque vivida, luce delle stelle;
Straordinario anche per la grande cura verso i paesaggi 'en plein air', dove i grovigli di alghe, i rigagnoli fangosi, o anche un semplice e profondissimo abbraccio possono essere descritti mediante sfumature prettamente impressioniste e tonalità espressive tipiche del chiaro-scuro di un Caravaggio o di un Rembrandt qualunque.
Straordinario, infine, per la continua, e mai banale, rievocazione dell'atto del sorriso, visto come unica arma capace di oltrepassare la staticità, l'infelicità e gli ostacoli del nostro vivere quotidiano. Quasi come la definizione del concetto di 'arte' lasciataci dal Kandinskji.
'Tagliare il dito per salvare la mano': tante, troppe volte questo compromesso viene accettato e giustificato non solo nelle culture orientali, bensì anche, in proporzioni più o meno simili, in ogni giorno della nostra quotidianità.
E, a prima vista, sembra che manchi la trama lineare che l'autore aveva tracciato nei suoi due primi capolavori; poi capita che interrompi per un momento la lettura, ti fermi a riflettere, e capisci come Hosseini abbia lasciato qua e là, disseminati fra un capitolo e l'altro, i vari frammenti che compongono l'intera storia, e lo ha fatto volutamente, proprio perché fossimo noi lettori, in prima persona, a riunire i vari tasselli del puzzle;
Pari alla ricerca di un passato che le è stato negato per tanto tempo, ma che forse sarà ormai troppo lontano per essere recuperato; Adel che imparerà cosa significhi il 'Tutti imbrogliano e tutti mentono' di Gholam; la leggenda dell'albero delle promesse che lega lo stesso Gholam e la sorella di Parwana, anche se i due non si conoscono e mai si conosceranno; i cinquantacinque anni di vita che Markos dovrà attendere per poter sentir pronunciare quelle benedette parole da sua madre; quel filo sottile che parte da 'Il cacciatore di aquiloni' con Amir ed Hassan e si conclude, miracolosamente, in questo romanzo con Pari e Abdullah, perché 'è come se ti mancasse una storia ed ora che ti trovi a metà cerchi di capire'. Sì, Hosseini ci aveva lasciato a metà e, con questo romanzo, ha voluto davvero farci capire tutto.
A proposito di storie... Forse sarò esagerato, ma lo paragono a Saviano.
Perché '...è volgare andare in giro a sbandierare le proprie buone azioni. Il bene deve essere fatto in silenzio, con dignità';
Perchè entrambi narrano di violenze, di soprusi, di vite strappate e dilaniate da prepotenze gratuite e sleali;
Perché entrambi raccontano affinché le loro storie non cadano nell'anonimo oceano della dimenticanza, spesso colpevolmente omertosa, e dell'oblio;
Perché ogni giorno continuano ad insegnarci come la fantasia ed il terrore non siano altro che sfumature del medesimo colore. Proprio come la benevolenza e la crudeltà.
Ed è bellissimo anche l'ultimo ringraziamento col quale termina la pagina conclusiva del libro:
'Come sempre, ringrazio la mia stupenda moglie, Roya [...] anche per aver portato avanti la nostra vita quotidiana senza la benché minima rimostranza, perché io potessi scrivere. Senza di te, Roya, questo libro sarebbe morto sin dal primo capoverso della prima pagina. Ti amo.'.
Non volercene, Khaled, ma la amiamo anche noi. Ed amiamo anche te, forse con un pizzico di affetto in più. Che non guasta mai.
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