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Tra madre e figlia la crudeltà della psicologia
Vedo che questo libro edito in Italia per la prima volta nel febbraio 2013 non è stato ancora commentato da nessun lettore, per quanto la Nemirowskij sia un'autrice conosciuta e anche amata da molti. L'ho letto due volte nell'arco di qualche mese e posso dire di trovarlo quasi insopportabilmente crudele. Se in qualche modo, come pare, l'Autrice vi fa un riferimento alla sua biografia, o meglio al suo rapporto con la madre, la psicologia che vi dispiega denota una profondità, una sottigliezza di analisi, un'acutezza di sentimenti, che appunto rasentano l'insopportabile. Quella che gli psicologi chiamano ambivalenza vi trova il suo posto in un'illustrazione magistrale di un rapporto tra madre e figlia che è insieme distruttivo e seduttivo, fatto di negazione reciproca e di reciproca ricerca, fatto di competizione e pietas, dove il leit motiv è rappresentato dal disperato e disperante richiamo dei sensi, da una sensualità claustrofilica e ossessiva, che imprigiona prima la madre, poi la figlia fino alla tragedia. Vi sono altri elementi di crudeltà nel libro, o meglio, nella storia narrata, che non mancano di colpire per la loro apparente casualità che ha lo spessore tuttavia di un horror. Vi è pure una squalifica delle figure maschili, che se inizialmente possono apparire seducenti o rassicuranti, alla fine svelano un volto ambiguo e maligno, o nel migliore dei casi imbelle e rassegnato. E' un libro di grandissimo spessore psicologico e analitico, che tuttavia manca di qualsiasi elemento consolatorio, che taglia il fiato in gola per l'angoscia che suscita e che si sviluppa come un thriller nello svolgersi lento e ineluttabile di una tragedia annunciata.
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