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‘’Essere guardato e non soltanto visto,
essere ascoltato e non soltanto udito.’’
È questo che sogna Amir, un bimbo che ha bisogno di vero affetto paterno.
Amir però non è come il padre, per niente.
Non ha le “palle”, è un vigliacco; a differenza del suo servo Hassan, coraggioso e buono… ma di stirpe hazara, destinato a rimanere inferiore, indegno dell’amicizia di Amir.
Amir è un ragazzo tormentato da se stesso… e dalla colpa che l’ha macchiato per sempre.
Una serie di eventi non trascurabili cambierà la vita di entrambi. Non è possibile tornare indietro, ma c’è sempre un modo per rimediare.
“Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente”, ma non è mai troppo tardi: “esiste un modo per tornare ad essere buoni”.
Particolare è il personaggio di Baba, padre di Amir, figura rigida, restio nel dimostrare affetto e sentimenti. Si tratta di una personalità rivoluzionaria, per lui religione non significa non mangiare carne di maiale o non bere alcolici. Per Baba il delitto più grave è il furto: “se uccidi un uomo, gli rubi la vita, rubi il diritto di sua moglie ad avere un marito, derubi i suoi figli di un padre. Se dici una bugia a qualcuno, gli rubi il diritto alla verità. Se imbrogli quello alla lealtà”
Hosseini racconta una storia toccante di amicizia, tormento e tradizione, ambientata in un paese in cui la società è molto gerarchica e fondamentalista. “Tornare a Kabul era come imbattersi in un vecchio amico e scoprire che la vita era stata impietosa con lui, privandolo di tutto.”
“Il cacciatore di aquiloni” insieme a “Mille splendidi soli” sono due eccellenti ritratti dell’Afghanistan, in tutte le sue sfaccettature. Da leggere almeno una volta nella vita.