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Pastorale americana di Philip Roth
Definirlo un capolavoro sarebbe semplicistico. “Pastorale americana” è un romanzo complesso che si addentra in un’analisi spietata di quello che potrebbe definirsi il fallimento del grande sogno americano.
Levov, lo svedese, è il protagonista di questa drammatica storia, raccontata dallo scrittore Zuckerman che ripercorre la vita del prestante atleta che eccelleva tanto nel football quanto nel basket, divenuto imprenditore di successo dopo essere subentrato al padre nella conduzione dell’impresa familiare e sposato con una donna bellissima ex Miss New Jersey. Lo svedese è il simbolo dell’americano integrato, ebreo, diventato ricco grazie a un impegno costante e assiduo: diverso dal fratello Jerry, che non condivide i suoi stessi ideali. La tragedia dello svedese ha come perno centrale il dissidio con la figlia Merry, adolescente balbuziente che accentua i suoi problemi psicologici nel confronto con la perfezione dei genitori. Il dramma d’una famiglia in seno alla quale la contestazione ideologica e politica si fa aspra e violenta, diventa metafora della duplice anima di una nazione: da una parte un mondo chiuso nell’ingannevole certezza della bontà dei valori perseguiti e realizzati, dall’altra un mondo insoddisfatto costituito dalle classi più emarginate, a volte anche disonestamente e facilmente manipolate. La famiglia, dunque, il nucleo su cui si basa la società civile, mostra le sue debolezze e le sue fragilità. Ed è la politica americana sotto accusa, nelle parole di Merry: l’assurdità della guerra del Vietnam e l’ambiguità della presidenza Johnson. E sarà lo stesso vecchio Levov a sottolineare la vergogna dello scandalo Watergate e a fare accenno al razzismo mai superato. Né si può ignorare la difficile convivenza tra individui di religioni diverse: Levov e Dawn, lui ebreo, lei cattolica, hanno trovato un certo equilibrio che viene però spesso messo in discussione dai genitori.
La drammatica scelta di Merry, la cui verità coincide con il dolore, mette i genitori di fronte a una realtà inaccettabile. La sua ribellione non è diversa da quella denunciata nel monologo di Ulisse nel Troilo e Cressida di Shakespeare, in cui si pone l’accento sulla ribellione dei figli all’ordine costituito e alla gerarchia, una sorta di “rivoluzione copernicana” familiare.
Il significato del titolo si rivela dunque in tutta la sua sottile ironia. La tradizione della pastorale risale a Teocrito e passa per Virgilio, per giungere a Spenser e indica quel genere letterario che esalta una vita bucolica e perfetta in armonia con la natura: la stessa vita che Levov e Dawn avevano creduto di realizzare nella loro casa di campagna. La perfezione, un sogno irraggiungibile. Essa è esaltata nelle pagine che si dilungano sulla confezione dei guanti, pagine che nella loro specificità ci riportano alle lunghe descrizioni di Melville in Moby Dick sui diversi prodotti che si possono estrarre dalla cattura del capodoglio.
L’unico momento in cui sembra potersi felicemente realizzare l’ideale della pastorale americana è quello del giorno del Ringraziamento, quando anche le controversie religiose sembrano trovare una tregua: è il momento della rievocazione dell’arrivo dei Pilgrim Fathers, la vera nascita del popolo americano.
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Commenti
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Ottima analisi e perfetti i tuoi riferimenti che fanno chiarezza sulla pastorale più bella mai raccontata...
Lo svedese? E chi se lo scorda più :D
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