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Era mio padre, purtroppo.
Ana è una ragazza socievole e brillante, sogna di fare il chirurgo, segue il corso di Laurea in Medicina presso l'Università di Belgrado con passione e profitto.I genitori sono orgogliosi di lei che oltretutto dimostra un profondo amore per la sua patria, la Serbia o Srbija come la chiama suo padre, generale dell'esercito serbo impegnato al fronte . Un giorno insieme ai più cari compagni di studio e amiche d'infanzia ,Ana va in gita a Mosca. La vacanza sembra trascorrere serena, fra bevute di vodka,champagne russo, amori e gelosie fra ragazze e corse lungo la Leninskij Prospekt. Il copione della gitarella fuori porta sembra essere rispettato, poi qualcosa di tremendo accade. Ana, la luce degli occhi di papà, a ventitre anni , tornata a casa, afferra la pistola del generale Ratko Mladi?, suo padre appunto, e si spara un colpo in testa: perchè? Qualcuno dei cosiddetti amici ha instillato nelle fragili e ingenue convinzioni della ragazza il veleno del dubbio?, della vergogna? Ratko Mladi?, sì, proprio lui, l'eroe di quella bella bambina bionda è un orco, ha fatto massacrare migliaia di innocenti come il suo comandante Slobodan Miloševi?,dunque l'equilibrio mentale di Ana non ha retto a questa terribile scoperta? Un romanzo potente che affonda il bisturi nella cancrena dell'odio razziale, comincia da lontano la scia di sangue serbo, dalla catastrofica battaglia di Kosovo Po?e del 15 giugno 1389 che vide fronteggiarsi i Serbi capitanati dal principe Lazar e i Turchi del sultano Murat, entrambi morirono massacrandosi,ma il fiume fatto di sangue e di cadaveri che impregna d'odio quelle terre non si è mai arrestato , ha scavato in profondità fin a riemergere dalle profondità argentee delle miniere di Srebrenika (srebro=argento) l '11 luglio 1995,
lì attraverso il delirio hitleriano di Ratko Mladi?, ottomila padri e figli non videro più la luce del sole. Leggendo il testo si intuisce lo studio che c'è dietro, almeno due anni l'autrice ha dedicato ai fatti terribili accaduti nella ex Jugoslavia, il suo stile è quello di un fotoreporter che testimonia senza rinunciare a capire quello che vede, lei stessa alla fine del romanzo, sembra mettersi in gioco, entra nel suo racconto, personaggio anche lei in cerca di un autore che possa rivelarci il perchè del male.
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Ciao, Pia.
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