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QUELLO CHE LE COPERTINE NON DICONO
Immaginate di essere a capo di una grande azienda. Ogni giorno vi alzate dal letto con la consapevolezza di possedere quanto più denaro poteste immaginare da piccoli e state progettando l’ennesima vacanza assieme alla vostra dolce metà. Vi fate una doccia, fate una colazione dal prezzo esorbitante e, dopo aver indossato i vostri capi da lavoro migliore, prendete l’ascensore che dal vostro superattico al centro città vi condurrà in strada, poi un taxi, poi una nuova giornata in cui mettere a frutto anni di studio.
Siete ad un incrocio, è un giorno in cui la pioggia sembra cadere più fitta e vi impedisce di guardare oltre il vostro naso: uno stridìo, il tempo di voltarsi e il buio.
Vi risvegliate dopo settimane di coma e vostra madre vi dice che siete diventati tetraplegici, siete paralizzati dal collo in giù e sarete costretti a vivere il resto della vostra esistenza su una sedia a rotelle. Vi rendete conto che da quel momento in poi sarete per sempre bloccati nel vostro letto, incapaci di mangiare, vestirvi, comunicare con il mondo esterno senza che qualcuno vi aiuti, non potrete fare più l’amore con la persona che amate, dovrete affrontare la prospettiva di essere afflitti da piaghe o di dover ricorrere ad un respiratore.
Ecco di cosa parla “Io prima di te”, romanzo d’esordio di Jojo Moyes.
La protagonista, Louisa, ha perso il lavoro e dopo svariati tentativi riesce a trovare un posto come assistente disabile presso la famiglia più facoltosa del quartiere. Si dovrà occupare di Will, un trentaseienne profondamente depresso, consapevole di non aver più alcuna ragione di vivere una vita che non è più come l’aveva programmata. Will ha perso tutto e da due anni non mette il naso fuori dalla dépendance in cui l’hanno sistemato i genitori; grazie all’aiuto di Nathan riesce a cavarsela nelle incombenze più intime, ma il ruolo di Lou è quello di restituirgli la voglia di vivere: Will infatti ha dato ai genitori sei mesi di tempo prima che si rivolga ad una clinica svizzera che porrà fine alla sua vita.
Jojo Moyes ha scritto un romanzo profondamente vivo e che affronta tematiche molto delicate con gli occhi di un normodotato, facendo modo così che i problemi che ogni giorno devono affrontare i disabili restino impressi alla maggior parte di noi.
Già dalle prime pagine sono descritti i due modi tipici in cui reagisce la gente di fronte ad un paraplegico: da una parte i genitori che scoraggiano i loro figli disabili trattandoli come bambini ancora in fasce, ingigantendo la loro condizione di disagio e, forse incapaci di far fronte ad un dolore così forte, non li aiutano a condurre una vita il più normale possibile, lasciando che siano dei perfetti sconosciuti ad occuparsi di loro; dall’altra parte ci sono i genitori di Lou, esempio lampante di coloro che non rispettano la condizione altrui e fanno battute come “Beh, almeno non devi preoccuparti delle molestie sessuali” o “Ma ti parla come Stephen Hawking?”.
Nel corso della lettura vi renderete conto di quanto possa diventare complicato fare qualsiasi cosa, anche la più sciocca: marciapiedi inadeguati, automobilisti sconsiderati che parcheggiano nei pressi dei passi carrai non lasciando lo spazio adeguato al passaggio di una carrozzina. Lou cercherà di portare Will fuori dalla dépendance e grazie ad un forum di discussione online dedicato proprio ai disabili si renderà conto in realtà di quante esperienze non siano loro più precluse e che esistono località turistiche dedicate esclusivamente ai paraplegici o ai tetraplegici in cui si possono fare tutte le attività tipiche dei normodotati.
Ed infine, l’eutanasia: il tema è affrontato con una delicatezza estrema, l’autrice non si pone né a favore né contraria e ci dà modo di riflettere a fondo sulla questione.
È giusto per un essere umano continuare a condurre una vita con la consapevolezza che la sua condizione non potrà fare altro che peggiorare?
Ho terminato la lettura di “Io prima di te” domenica pomeriggio, e ad oggi ancora rifletto sul significato del romanzo, sulla sua storia, sulla storia di tutti coloro che per un tragico gioco del destino devono dipendere da qualcun altro per vivere, sulla storia di tutti i normodotati che abbassano lo sguardo con imbarazzo di fronte una carrozzina.
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