Dettagli Recensione
Prendere o lasciare
Un libro audace, sia per quel che riguarda l'argomento trattato (talmente sfruttato in letteratura che ogni volta che se ne scrive l’autore di turno deve per forza confrontarsi con le decine, centinaia, di suoi colleghi che ne hanno scritto, ne scrivono e ne scriveranno), sia per le dimensioni del volume (il numero di pagine da cui è costituito un libro generalmente è inversamente proporzionale alla voglia che viene di leggerlo), sia infine, perché, diciamoci la verità, Ken Follett un libro così l’aveva già scritto!
Un libro audace dunque ma non per questo privo di appeal. Se uno dei suoi lati negativi infatti è quello di essere veramente troppo simile a I Pilastri della Terra, uno positivo è sicuramente quello che, traendo dalla somiglianza col precedente romanzo, ne riporta anche tutti i pregi : lo stile discorsivo (per chi piace), l’abilità dell’autore di trattare tematiche spesso e volentieri considerate “pesanti” in maniera divertente e accattivante, una trama dal ritmo sostenuto (malgrado le mille e più pagine) e sicuramente la completezza dell’informazione storica in esso racchiusa che svela un accurato lavoro di ricerca.
Certo il grosso del lavoro Follett l’avrà fatto soprattutto prima della stesura dei Pilastri, mentre qui si sarà limitato a rispolverare i vecchi appunti, tuttavia non si può proprio dire che in questo mastodontico sequel manchi qualcosa: guerre, epidemie, estremismo religioso, superstizioni, intrighi politici e passioni promiscue, c’è veramente di tutto, dai più banali cliché del tempo a le trovate più ingegnose, sì proprio di tutto… anzi c’è perfino troppo! Tanto che l’autore per tentare di contenere la sua vena creativa a tratti è costretto ad operare dei veri e propri tagli nella narrazione che coincidono con dei salti di diversi anni nella vita dei protagonisti e che ogni volta lasciano il lettore perplesso e stranito, costantemente in lotta in uno strenuo tentativo di riorganizzare l'idea mentale che si era creato dei principali attori e dei luoghi in cui si svolgono i fatti.
Forse questo doveva essere un effetto voluto, forse proprio in questi bruschi balzi nell’intento dell’autore doveva risiedere la novità rispetto agli altri romanzi di questo genere: una narrazione spezzata che si concentra in singole frazioni di pochi anni lungo un’ intera vita. Bella idea, ma bisogna essere in grado di realizzarla, altrimenti…
D’accordo qui non siamo di fronte a un miscuglio anacronistico di fatti slegati anzi, la trama alla fine regge, tuttavia si ha l’impressione di trovarsi di fronte sempre a un qualcosa di sbilanciato, poco definibile e difficilmente collocabile in un genere o un ambito specifico: il romanzo è scritto con uno stile troppo canonico per concedere una pur minima sperimentazione ma d’altro canto ha un contenuto troppo spezzettato e frastagliato per essere annoverato tra i romanzi comuni. Il risultato finale è quello di un buon libro ma che pare intrinsecamente inclassificabile e difficilmente etichettabile; se l'autore infatti avesse abbracciato un arco di tempo inferiore sarebbe stato un libro più incisivo, se invece si fosse dilungato maggiormente sarebbe risultata una cronaca più fedele e magari ci sarebbe stato spazio per quella introspezione psicologica che, come molti hanno già fatto notare, è praticamente assente, ma così tagliato e stiracchiato invece risulta una strana via di mezzo, ne carne ne pesce.
Dunque che cos’è Mondo senza fine? Come si può definire?
Come si è già detto è senza dubbio un libro audace, ma è anche un libro contradditorio che conta più di mille pagine eppure scorre veloce verso l’adeguato finale, che pur facendo della semplicità descrittiva il suo punto di forza lascia il lettore con insolubili interrogativi circa il suo significato e ancora che, pur parendo “affettato grossolanamente” tra una capitolo e l’altro per questioni probabilmente di spazio, di volume e di tempo, cela tra le righe una cura per il dettaglio fuori dal comune.
Questo è Mondo senza fine, un libro che riporta già nel titolo la risposta alle domande che genera: “senza fine”, già… proprio come la costante contraddizione che pare provocare, proprio come i dubbi che pare suscitare e proprio come l’incontestabile fascino che, nonostante tutto, pare possedere. Prendere o lasciare.