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Sulla collina nera di Bruce Chatwin
Con la tecnica del narratore onnisciente estraneo alla vicenda, in “Sulla collina nera” Bruce Chatwin racconta la vita di due gemelli Benjamin e Lewis Jones, partendo dal giorno del loro ottantesimo compleanno e procedendo con un efficace flash-back alla ricostruzione degli eventi più importanti della famiglia, sin dal matrimonio dei genitori.
Il tema della gemellarità non è certo nuovo in letteratura: esso è stato al centro di opere di Plauto, Shakespeare, Goldoni e Mann, solo per citare alcuni celebri autori, fino al recente “La solitudine dei numeri primi”. Ogni autore ha creato storie originali e diverse, ma il punto comune a tutte riguarda la complementarietà dei fratelli gemelli.
Benjamin e Lewis non sfuggono a questo clichè: essi non possono fare a meno l’uno dell’altro, sono legati al punto che ciascuno riesce a presagire fisicamente le minacce che incombono sull’altro. La loro lunga vita è condizionata da questo rapporto che finisce con l’opprimerli e indurli anche a scelte contrarie ai loro istinti o ai loro desideri. Per nulla aiutati dai genitori, un padre rozzo e superficiale, una madre sensibile, ma spaventata dall’idea d’una naturale separazione dei figli, dovuta a un legittimo desiderio di costruire nuove famiglie, accettano il loro stato e trascorrono la loro vita ai margini degli eventi che sconvolgono il mondo. La storia si svolge nell’aspra campagna del Galles e il rapporto uomo-natura non è quasi mai idilliaco, anzi è spesso problematico: non si minimizzano le difficoltà d’una vita senza agi. La promiscuità inevitabile in cui conducono le loro esistenze lascia supporre al lettore una latente tendenza dei gemelli all’omosessualità, senza tuttavia che l’argomento sia affrontato esplicitamente. E se la biografia degli autori ha una qualche influenza sulle loro opere, non sembrerebbe azzardato in questo caso riconoscere un riferimento, sia pure velato, alla nota bisessualità di Chatwin, evidentemente ancora vissuta negli anni ottanta, in Inghilterra, come qualcosa di cui evitare di parlare apertamente, nonostante l’emancipazione della società anglosassone allora già avanzata.
L’unica figura che Lewis e Benjamin riescono ad accettare incondizionatamente è la madre, Mary, il loro unico punto di riferimento, che li esclude però dal resto del mondo. “Sulla collina nera” risente in parte dell’influenza di un altro grande scrittore inglese Thomas Hardy a cui lo stesso Chatwin accenna nel momento in cui parla delle letture di Mary. In Chatwin, come in Hardy, si trova la stessa volontà dell’uomo a superare gli ostacoli posti dalla natura e si distingue lo stesso contrasto tra la vita ideale e quella reale. Ciò riguarda anche i personaggi che ruotano intorno ai due protagonisti e che a tratti assumono notevole spessore.
“Sulla collina nera” è un romanzo dalla prosa limpida, che segue il ritmo lento delle stagioni, la cui struttura circolare rispetta i noti canoni della grande letteratura anglosassone.
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Complimenti per la tua analisi.
Bruno