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Il lupo della steppa
 
Il lupo della steppa 2013-07-20 13:17:22 Todaoda
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Todaoda Opinione inserita da Todaoda    20 Luglio, 2013
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Probabilmente il primo noir della storia e molto a

Recensendo il Lupo della Steppa è impossibile non analizzarne la trama nelle sue singole, distinte, parti (salvo limitarsi al "si mi è piaciuto" o "no non mi è piaciuto") poichè i contenuti di questo libro, la loro comprensione, trascendono il mero giudizio critico e si rivolgono all' "universale" che è in ognuno di noi. Dunque quella che segue è, più che una recensione, un' interpretazione dell'opera di Hesse, un metodo di lettura, e come tale non è scevro da i necessari rimandi (anticipazioni) alla trama. Quindi, pur trovandoci di fronte a uno di quei testi il cui mero contenuto della storia non è tanto importante quanto il suo significato, sconsiglio la lettura di questa "recensione" a chiunque volesse affrontare il grande romanzo intonso e non influenzato da pareri altrui. Premetto infine che la maggior parte delle cose che dirò ai più parranno un' ovvietà, non ho alcuna presunzione infatti di poter aggiungere qualcosa che non sia stato già detto da innumerevoli letterati e critici di professione, tuttalpiù spero di fornire un minimo aiuto a chiunque riscontrasse difficoltà a raccapezzarsi con il contenuto di questa magnifica opera e con il messaggio di Hesse.

IL Lupo della Steppa è un romanzo che si sviluppa su diversi piani narrativi nettamente delineati da altrettanti diversi stili di scrittura sempre e comunque adeguati al ritmo della narrazione. E’ esclusivamente grazie al ritmo infatti che il testo non appare slegato, che il confine tra un ambiente e l’altro, che il passaggio da uno stile all’altro, non appaiono eccessivi e discordanti. Questi ambienti, queste sfere di competenza, o piani narrativi che dir si voglia, sono oggettivamente slegati e riordinati uno dentro l’altro quasi l’autore avesse voluto scrivere quattro o più libri distinti, tuttavia questo netto distacco non stona anzi a suo modo dona al testo una sorta di peculiare appeal, una sensazione di ordine, di lucidità mentale. Onde evitare fraintendimenti è bene precisare che Hesse non dispone i sopracitati piani soltanto in maniera concentrica l’uno dentro all’altro ma li illustra anche in ordine cronologico facilitando così il compito al lettore, permettendo a chiunque di seguire la trama del libro e il filo logico dei suoi ragionamenti.
Sul (o nel) primo piano narrativo l'autore ci introduce in una casa medio-borghese che rispecchia la società del tempo, in questa parte molto breve, manieristica e volutamente banale Hesse strizza l'occhio, e forse fa una pernacchia, alla narrativa a lui contemporanea.
Sul (o nel) secondo piano narrativo, con il consueto stratagemma del "carteggio ritrovato”, ci si addentra finalmente nella vita di Harry Haller il vero protagonista del romanzo i cui pensieri così alieni a quelli del suo tempo lo fanno sentire come un emarginato al di fuori della società in cui vive.
Per stile, dal mio punto di vista, questa è la parte migliore del libro, i toni e le atmosfere richiamano o probabilmente inventano il genere noir (confesso che qua l’uso dell’avverbio nasce da una mia mancanza culturale).
Sul (o nel) terzo piano narrativo, grazie ad un altro "carteggio", questa volta trovato dallo stesso Haller, l’autore si concede alla disquisizione filosofica e spirituale a lui cara abbracciando un insieme di pensieri e pensatori che vanno dai classici greci ai guru orientali. Questa è la parte più concettuale dell’opera e anche la più ostica da comprendere e condividere. In queste pagine si abbandona il ritmo del romanzo e, come un libro nel libro, ci si inoltra in un saggio filosofico - metafisico, talvolta fin troppo cerebrale ma pur sempre a tema con il resto della vicenda.
Se questa è la parte meno scorrevole del Lupo della Steppa è altresì una parte essenziale poiché rappresenta il meccanismo che fa scattare la molla interiore del protagonista, che lo spinge a compiere quell’ulteriore passo oltre il quale non si può più tornare indietro, oltre il quale c’è la salvezza o la morte. In questa parte Haller trova sé stesso, rivive la sua vicenda, ritrova i suoi problemi e, gran novità, intravede uno spiraglio, una soluzione, una via di fuga a quella vita che tanto odia.
La quarta parte è invece la corsa sempre più rapida e sempre più folle del protagonista verso quella tanto agognata soluzione ai suoi problemi, corsa in bilico sul precipizio della pazzia che culmina in una festa, comune e selvaggia, che per certi aspetti richiama il circo quale metafora dell’eccesso, dell’assurdo e appunto della pazzia.
Questa è l’ultima vicenda del protagonista, dopo questa, dopo aver varcato la soglia della follia, rimane solo un ultimo viaggio allucinato in un corridoio dalle molteplici porte, metafora della vita e delle proprie scelte, metafora del pensiero e dei singoli ragionamenti, della conoscenza e della coscienza, della logica e dell’istinto. Haller, l’uomo ormai disposto a qualunque cosa, viene messo di fronte a se stesso e la sua singola natura, il suo io, si spezza in una serie di molteplici forme, tante quante sono le porte che gli si parano di fronte, in ognuna di queste egli trova una versione di se stesso, una versione che ha compiuto una singola determinata scelta seguendo istinto o ragione. Ogni porta un nuovo Haller finché lui stesso non comprende più se quel che ha davanti sia finzione o realtà, finché lui stesso non si annulla colpendo a morte il suo redentore (o redentrice data la sua duplice natura androgina) colpendolo/a a morte per poi ripensarci e salvarlo/a, per poi svegliarsi e rinascere, trovare un nuovo sé, una nuova ragione di vita…o forse no.
Questa è la parte più intensa del romanzo, quella più vissuta, quella in cui il libro sembra veramente nascere, vivere e consolidare se stesso come opera narrativa vera e propria. In questa parte Hermann Hesse, traendo spunto dalle precedenti, si concentra maggiormente sulle problematiche dell'uomo al di fuori del suo tempo, che istintivamente si sente inadeguato in una società (quella tedesca tra le due Guerre) che non condivide i suoi valori, i suoi bisogni e in fondo la sua natura. Da qui la conseguente formazione dei "due io" faustiani, quello sociale, dei comportamenti dabbene, dell’etichetta a cui il protagonista vorrebbe abbandonarsi e quello naturale, selvaggio, ribelle, quello del lupo della steppa, animale metafora della natura sanguigna dell’uomo, animale che è sempre in agguato, digrignante, pronto a saltare sulla preda, ovvero il protagonista stesso e coloro i quali interagiscono con lui. Ed è questa anche la parte in cui il dualismo della coscienza si propaga evolvendosi con un ritmo sempre più incalzante fino al finale metafisico e allucinato fino a quell'immancabile duello conclusivo che vedrà per forza di cose prevalere una natura sull'altra decretando la totale autodistruzione o la redenzione del protagonista...o forse no.
La quinta parte… la deve scrivere il lettore, Haller sarà morto? Sarà vivo? E se vivo sarà un animale sociale o un lupo della steppa, sarà un autentico individuo o una contraddittoria moltitudine?
E’ nel dubbio della quarta parte, nell’assenza di una quinta che sta la genialità dell'autore: Hesse lasciandoci un finale aperto permette al lettore ogni possibile tipo di interpretazione, o ancor meglio: l'interpretazione che più ci appartiene poiché, è inutile negarlo, almeno una volta, anche solo per un istante, per un singolo episodio o vicissitudine chiunque abbia letto il libro si è immedesimato nel protagonista, ha sentito propri i di lui dolori e ha empaticamente vissuto le medesime vicende.
Questa è la forza del libro, scritto in un tempo ormai così lontano dal nostro che per problematiche, costumi, modi e convenzioni parrebbe assolutamente inattuale ma che in realtà è estremamente attuale e sempre lo sarà, poiché sussurra all'io profondo i temi universali.
Questa è la forza di un libro che, forse ancor più di altri suoi celebri lavori, consacra l'autore a quella ristretta cerchia di uomini a lui cara che nel testo chiama "gli Immortali."

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Opere di narrativa impegnata, romanzi introspettivi, romanzi autobiografici, saggi filosofici, testi religiosi vari ed eventuali, trattati di psicologia, noir e molto altro.
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