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Norwegian Wood
 
Norwegian Wood 2013-07-16 12:17:27 Todaoda
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
5.0
Todaoda Opinione inserita da Todaoda    16 Luglio, 2013
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classico ma originale

Ci sono autori che descrivono la quotidianità per tentare di racchiuderla in un sistema di pensiero che gli consenta di individuare delle costanti, uno schema comune, e in tal modo comprenderla più facilmente. Ci sono autori che indagano la realtà osservandola minuziosamente in ogni suo più piccolo dettaglio, scomponendola in minuscoli particolari fino a perderne talvolta il significato d’insieme, ma il loro fine è pur sempre il medesimo, è pur sempre quello dei primi: afferrarne il significato. Ci sono infine scrittori che scrivono immersi nella realtà, non mossi da impulsi analitici ma piuttosto trasportati dalle infinite correnti della vita, alla deriva nelle sensazioni di ogni giorno, accettando il mondo per quello che è, combattendo solo le battaglie alla portata del singolo, infischiandosene di ideali assoluti e assoggettando la concreta oggettività dei fatti al proprio modo di vedere le cose, al proprio modo di viverle, alla singola persona. Alla prima categoria appartengono scrittori del calibro di Philip Roth, alla seconda altri del calibro di DeLillo. Alla terza appartiene sicuramente Murakami. Non sta a me giudicare quale sia il metodo migliore, il più efficace per parlare del reale, poiché come ogni altra cosa va a proprio gusto. Una cosa però è assolutamente indiscutibile: al pari dei primi due, pur traendo da presupposti diversi e giungendo a conclusioni per certi aspetti simili, per altre differenti, l’autore di Norwegian Wood è uno dei più abili scrittori dell’era moderna. Oserei dire del novecento (giacché lo sto giudicando solo per questa opera che è stata scritta a metà anni ottanta) ma questo comporterebbe metterlo sullo stesso piano di alcuni mostri sacri del realismo letterario quali Hemingway, Steinbeck ecc. ecc. ed un simile raffronto rischierebbe di far torto sia a Murakami che agli altri due testé citati. Tengo a sottolineare nuovamente che sto giudicando l’autore esclusivamente per Norwegian Wood poiché sono consapevole che considerando tutta la sua bibliografia definirlo realista sarebbe alquanto azzardato: basta leggere la sua opera successiva (l’uccello che girava le viti del mondo) per capire che le sue tematiche trascendono l’oggettivo e si inoltrano, talvolta persino con autocompiacimento, nel surreale, accostandosi talmente alla pura sensazione da tralasciare la lucida coerenza degli accadimenti; basta pensare al suo ultimo successo 1Q84 (talmente di moda che è impossibile non citarlo parlando dell’autore) per individuare nell’onirismo piuttosto che nel reale la tematica principale della sua produzione letteraria. Eppure in Norwegian Wood no: forse ancora troppo giovane, forse non ancora pronto a compiere il balzo che l’avrebbe trasportato nel regno della sensazione pura, con questo suo romanzo Murakami ci consegna un opera concreta e semplice, magari banale, ma sicuramente equilibrata e a suo modo perfetta.
Certo la storia in se non ha nulla di nuovo: due o tre ragazzi che si innamorano, si lasciano ma non si lasciano, ci ripensano ecc. ecc., del resto si tratta di un romanzo sentimentale, è così che dev’essere. Di per se dunque la vicenda è antica, forse scontata, ma è proprio grazie a questa ovvietà implicita che il libro si eleva sopra la magmatica uniformità della narrativa di genere ed è proprio grazie a questo suo aspetto che l’autore s’affaccia nell’olimpo dei grandi del novecento. Se uno scrittore grazie al suo stile riesce traendo dalla banale quotidianità della vita di gente comune a produrre un’ opera che trascende la mera vicenda e si eleva a paradigma del duello interiore tra le intime pulsioni contrastanti dell’io profondo, riscoprendo persino quelle “doppie idee”, tanto care a Dostoevskij, facendo del sentire e del vedere del singolo il modo di vivere il reale, se uno scrittore riesce in questo, nonostante le “umili” premesse, be allora si può essere sicuri che si è di fronte ad un grande del suo tempo e che la sua opera rimarrà per sempre nella storia della letteratura per la sua cristallina perfetta semplicità, per la sua struttura equilibrata che concede tanto al capire quanto al sentire, per l’immacolata bellezza del sentimento che si alterna così autenticamente alla viva istintività della passione e in fine per tutte queste cose assieme, poiché non bisogna scordarsi che un quadro per capirlo va osservato sia da lontano che da vicino, sia nei particolari che nel insieme, sia con gli occhi di Roth che con quelli di DeLillo e se poi, anche per un solo libro si riesce ad essere entrambi, se l’autore riesce, anche solo per un capitolo, ad accostarsi ad entrambi…be non occorre aggiungere altro.
Norwegian Wood è un’opera totale, che non si pone obbiettivi grandiosi, ma soltanto quello semplice ed umile di descrivere la realtà come la vede l’autore, e facendo ciò, realizza forse l’impresa più importante di tutte: quella di farci capire la vita, quella di farcela apprezzare.
Ma, ancora una volta, sto parlando di questo libro, solo di Norwegian Wood, non degli altri.

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Commenti

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Eheheheh...sei un mulino a vento Todaoda! Sicuro di aver parlato solo d Norwegian Wood? Mi piacciono i tuoi accostamenti :)
In risposta ad un precedente commento
Todaoda
17 Luglio, 2013
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Parlato solo di Norwegian Wood... mh a dire il vero non ne sono così sicuro ma, conoscendomi, non mi rileggerei per nulla al mondo! :-)
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