Dettagli Recensione
L'umorismo, irriducibile espressione dell'etica
Di Pennac avevo letto solo qualche brano nelle antologie per studenti delle scuole superiori, e ne avevo ricavato l’impressione di un bravo scrittore di libri per ragazzi, ma niente di più.
Ho deciso di leggere qualcosa di suo in occasione del premio alla carriera internazionale che gli sarà assegnato tra qualche mese a Vigevano, e grande è stata la mia sorpresa nell’imbattermi in una prosa che a tratti sfiora il genere splatter, sempre ammorbidito però dal tono leggero e quasi comico, che fa passare in secondo piano il fatto che si sta parlando di persone dilaniate e interiora sparse ovunque dalle deflagrazioni di bombe nei Grandi Magazzino dove Benjamin Malaussène fa di professione il capro espiatorio.
Ben mantiene i suoi fratelli di madre comune e padri incerti e diversi proprio perché la genitrice, sempre persa in nuovi innamoramenti e sempre incinta, non se ne occupa molto.
Therèse la sensitiva, Clara la sorella amata al limite dell’incesto, alle prime armi come fotografa, il piccolo dagli occhiali rosa verso cui Ben nutre tenerezza infinita e Jérémy il bombarolo in erba, formano con il protagonista una squadra divertente e quanto mai improbabile.
Daniel Pennacchioni (Casablanca, 1944) usa l’umorismo come arma irriducibile contro il grande capitalismo e le sette pseudo-sataniche, quindi contro la rigidità del pensiero e il conformismo che aleggia in una Parigi natalizia e consumistica.
“Il paradiso degli orchi” è un libro giallo-noir-rosa-verde che diverte e si legge con piacere, scritto per una scommessa sulla sua capacità di scrivere un thriller che Pennac ha vinto alla grande, creando il primo libro di una famosa saga. Non ho trovato prevalente la trama del mistero rispetto alla felicissima descrizione dei personaggi della famiglia Malaussène. Ma non è detto che sia un disvalore, anzi.
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Non ne sono rimasta entusiasta , spero che gli altri due mi prendani di più.
Brava comunque, bella rece.
paola