Dettagli Recensione
L'ultima canzone
L’ultima canzone – Nicholas Sparks
Comprai il libro, lo ammetto, dopo aver visto il film. Ero un po’ scettica, perché Sparks mi è sempre sembrato la versione americana di Moccia, che io proprio non sopporto. Non avevo letto altri romanzi e, dopo essere uscita illesa da una lettura pesante, ho pensato “Perché no?”. Così comprai il libro. Non me ne sono pentita. All’inizio pensai: “Ecco, la nuova arrivata in città che casualmente si scontra col più popolare e bello! E lui casualmente la trova interessante!”. Ma a parte questo, non posso fare critiche alla storia. Stile lineare, semplice e scorrevole; ho apprezzato molto la divisione in capitoli dove viene approfondito il punto di vista di ogni personaggio, così da far risaltare anche i più secondari, tanto che alla fine mi sono chiesta se fosse Ronnie la vera protagonista. In ogni personaggio che ci viene presentato, infatti, notiamo una certa evoluzione tra l’inizio e la fine del romanzo: Ronnie si avvicina al padre, Will alla madre, Galadriel/Blaze altrettanto, Steve a Dio. Di fatti la tematica intorno alla quale ruota tutto non è altro che il rapporto genitore-figlio e non tanto la storia tra Ronnie e Will. Credo poi che il discorso della schiusa delle uova di testuggine sia come la metafora di ciò.
Insomma sono rimasta soddisfatta e, come al solito (salvo casi rarissimi), il film non rende assolutamente giustizia, anche per il fatto che alcuni filoni vengono completamente rivoluzionati, come l’incendio alla chiesa. Mi è piaciuto molto come è stata sviluppata la relazione che si instaura tra Will e Ronnie: lo scambio di battute nei loro primi incontri sono fenomenali e non riescono a non far strappare un sorriso. Così come anche Jonah, il fratellino di 10 anni di Ronnie, troppo maturo per la sua età e per questo divertente in quello che fa e dice. Ammetto che il finale era prevedibile, ma dopo ciò che Ronnie aveva passato, forse se lo meritava.
Dunque Sparks non mi hai deluso come prevedevo. Grazie!
Lo consiglio a chiunque, amanti e non del genere, per staccare la mente dalla realtà per un po’, concentrandola in una storia che, sì, fa sognare.