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Piccolo capolavoro urban-fantasy
Un’ avventura affascinante che riesce a coniugare il mondo delle favole a quello reale del quotidiano vivere, delineando una sorta di trait d’union tra fantasia e percezione, tra immaginazione e logica, e per riflesso tra l’infanzia che ogni essere umano ha vissuto e la sua maturità, stabilendo quelle che oggi giorno potrebbero essere riconosciute come le linee guida dell’ urban fantasy.
Tuttavia “la fine del mondo e il paese delle meraviglie” è più che una semplice fiaba in bilico tra reale e irreale: è una presa di posizione dell’autore nei confronti della vita, una presa di posizione che si rifà al suo intimo modo di interpretarla e di raccontarla, una presa di posizione a cui rimarrà più o meno fedele in tutti i suoi lavori successivi.
La realtà, l’effettiva consistenza di un oggetto, di un essere, così come la sua forma, il suo colore, il suo odore, perfino il sapore, sono prerogative intrinseche ed immutabili di quell’oggetto in quanto tale oppure sono solo attributi che noi gli ascriviamo per vederlo, distinguerlo e così capirlo? Urge un esempio: una mela tende effettivamente ad essere solida, sferica, di colore verde, con la buccia liscia e un sapore agro dolce, oppure siamo noi uomini che la percepiamo così attraverso i nostri schemi mentali? Un bicchiere è effettivamente trasparente, vetroso, levigato oppure questi sono soltanto aggettivi che noi utilizziamo per descriverlo, per farci capire dai nostri simili, libere parole che rappresentano esclusivamente ciò che noi percepiamo di un determinato oggetto ma che senza una contro prova potrebbero essere quanto mai lontane dalla sua effettiva e concreta realtà?
Per secoli centinaia di filosofi si sono scervellati sulla dicotomia del reale, se esso sia oggettivo e concreto o solo frutto della nostra percezione, Kant aveva introdotto il concetto di schemi trascendentali per venirne a capo, altri come lui adottando i medesimi schemi erano giunti a conclusioni diametralmente opposte. Dunque chi aveva ragione e chi ha ragione?
Poco importa, come tutte le disquisizioni che non traggono da specifiche e stringenti basi scientifiche, ma si inerpicano con indiscussa abilità oratoria sui sentieri della metafisica esistenzialista, si può dire tutto e il contrario di tutto. Quel che importa invece è compiere una scelta e a quella attenersi onde evitare di perdersi (e perdere tempo) nella vita di ogni giorno.
Murakami in questo libro la compie e ci dice, ci spiega, anzi quasi scientificamente ci dimostra, che ogni singolo aspetto del reale non è nient’altro che frutto di come noi lo percepiamo, del nostro modo di ragionare e pensare, in sostanza di una semplice elaborazione degli impulsi che arrivano al nostro cervello, tanto che, vuoi per un malfunzionamento, vuoi per una sorta di predisposizione, se tali impulsi non vengono più codificati in maniera canonica tutto ciò che noi vediamo, udiamo e sentiamo, cambia, si trasforma, muta, fino a venire noi stessi catapultati in un altro mondo, un mondo parallelo, assurdo, immaginario, ma non per questo meno reale del primo, non per questo meno interessante del solito, e non per questo meno degno di essere vissuto.
E’ una scelta coraggiosa quella di Murakami, difficile soltanto da immaginare, figurarsi da sostenere, e sostenere fino alla fine del romanzo! Eppure lui lo fa, e lo fa in maniera talmente convinta e convincente che giunti all’ultima pagina risulta quasi impossibile non dirsi d’accordo con lui e col suo protagonista, con coloro ovvero che hanno creato quel mondo, con coloro che bene o male sono partecipi di quella diversa realtà. E’ una scelta difficile la sua eppure è una scelta che paga poiché come è innegabile che persino nella mente più portata al realismo durante la lettura sorga qualche dubbio è altrettanto innegabile che il comune lettore, indiscriminatamente aperto ad entrambi i mondi, non rimanga irrimediabilmente catturato dalla vicenda, tanto quanto dalle riflessioni dell’autore, tanto quanto dalla narrazione.
Già poiché in aggiunta all’interessante dibattito filosofico a cui si rimanda in questo libro, in aggiunta al fascino dell’ambientazione urban fantasy e all’indiscusso appeal di una trama concreta seppur al di sopra delle righe, bisogna tener conto del meraviglioso stile di Murakami, che in questo come in altra romanzi con una schiettezza disarmante e una rara limpidezza mentale riesce a raccontare di intricate vicende al confine col paranormale rendendole plausibili, divertenti, poetiche e soprattutto quotidiane.
A onor del vero non sempre in “La fine del mondo etc.” la narrazione scorre via semplice e pulita (vedasi per esempio la spiegazione del “professore” nella grotta) e a tratti, come spesso accade agli scrittori esordienti (… è solo il terzo o quarto romanzo dell’autore e secondo pubblicato a livello internazionale), il suo stile alle volte è ridondante, altre volte naive, specie quando si rifà ai luoghi comuni dei generi da cui attinge (noir, fantasy, sci-fi, horror,) ma a una mente tanto brillante e libera da essere stata in grado di partorire una storia così, e a uno scrittore dall’indole così temeraria da averla difesa fino in fondo senza risolverla nei banali, ultra sfruttati, luoghi comuni verso cui sembrava irrimediabilmente destinata ad evolversi (parlo di finali che tirano in ballo sogni, allucinazioni, psichedelici viaggi farmaco indotti o trapassi a realtà paradisiache post mortem), a uno così, si può perdonare tutto, tanto più allorché si realizza che malgrado i momenti di stanca, malgrado le ovvietà, malgrado le assurdità, si è di fronte a un piccolo capolavoro della narrativa di genere.
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Ecco questo è, il giorno in cui deciderò di farlo, il libro col quale avevo deciso di dare una seconda opportunità a Murakami!!! Speriamo in bene ;-)