Dettagli Recensione
S'i' fosse foco, ardere' sto libro
Il titolo originale di questo romanzo è “The universe versus Alex Woods” ma io lo ricorderò sempre (SE me lo ricorderò) con il nome di “Lady Libro versus Alex Woods” (e non so nemmeno chi dei due abbia vinto).
Eh già. Questo libro mi ha simpaticamente tenuto compagnia per diciotto lunghissimi e interminabili giorni grazie alla sua incommensurabile pesantezza (viva il sarcasmo). Perché sì: questo libro è noiosissimo e lentissimo per colpa di una trama che non decolla, troppe e inutili descrizioni ma soprattutto tanti, tanti, tantissimi elenchi di numeri, potenze, esperimenti scientifici, equazioni che trasformano il romanzo in un mattone da cento tonnellate. Ok, posso capire che essenzialmente tutto questo vuole rispecchiare ed evidenziare la passione del protagonista per l’astronomia e la scienza, però, cavolo, la mia povera mente prevalentemente umanista era ormai un mucchietto di cenere distrutto da tutta questa prolissità.
A proposito, vogliamo parlare del protagonista? L’ho odiato fin dalle prime pagine (tanto che ad un certo punto tifavo per i bulli che lo perseguitavano): non ho mai visto un personaggio così saccente e perfettino in una storia (osa perfino correggere medici e dottori che ne sanno molto più di lui!), e, oltre che sputar presunte perle di filosofia scientifica inutili e soprattutto non richieste, per gran parte del libro non fa altro che bere Coca Cola Light in continuazione (c’è un pezzo in cui ne beve nove lattine in un’ora!). Non che ci sia nulla di male in questo, ma ad un certo punto pensavo, oltre che potesse avere un attacco di diabete, di assistere alle avventure di E.T. l’extraterrestre (sapete, no, l’alieno del film di Steven Spielberg matto per l’omonima bevanda? Ecco, è la stessa cosa). In aggiunta, il nostro Alex Woods ha pure una madre rincitrullita e menefreghista che probabilmente lo supera in antipatia.
Ma il punto più debole dell’insieme è la trama che dovrebbe basarsi sul “forte rapporto” d’amicizia tra Alex e il signor Peterson che è un nulla di fatto: perché Gavin Extence racconta sì tutte le cose che fanno e condividono insieme, ma lo fa con una freddezza e una mancanza di sentimento tali che rendono questa relazione vuota, insignificante e inutile (come del resto tutto il romanzo). Vengono elencati i loro passatempi, ma senza descrivere cosa provano nel farli e questo mi ha intristito parecchio. Ha la pretesa di commuovere ed emozionare senza riuscirci neanche un pochino.
Come se non bastasse anche la quarta di copertina racconta un mucchio di balle grosse come… l’uinverso (ah, l’ironia della sorte!) che ovviamente mi accingo a smentire immediatamente (e lo faccio per il bene di chi volesse leggerlo):
- Non è vero che Alex e il signor Peterson coltivano sostanze stupefacenti insieme (è solo quest’ultimo che ogni tanto si fa qualche fumatina e il ragazzo ne sarà coinvolto soltanto nelle ultimissime pagine).
- Non è vero che il signor Peterson ha una ferita nel cuore che non vuole rivelare a nessuno perché tutto il paese sa questo fantomatico segreto.
- Non è vero che Alex intraprende un viaggio per salvare il signor Peterson.
Ultima cosa: non sono riuscita a digerire la spudorata, gratuita e inutile citazione, in questo libro già di per sé e per me orrendo, a quel capolavoro di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (mi riferisco al film). Perché ad un certo punto viene descritta un’infermiera che è tale e quale, fisico, atteggiamenti e carattere, alla Mildred Ratched della pellicola (e viene pure chiamata “Fletcher” proprio come l’omonima attrice Louise Fletcher che interpretava il ruolo della dispotica infermiera).
Lì mi sono veramente infuriata: questo per me è plagio!
Se ho finito il libro è stato per puro miracolo e per una questione di principio, perché alla fine “Lo strano mondo di Alex Woods”, sebbene mi abbia fatto arrabbiare, sbadigliare, storcere il naso e mi abbia delusa dal profondo del cuore… Beh, non mi ha lasciato niente, solo una profonda indifferenza. Terminato il libro, ho dimenticato quasi tutto quello che avevo letto e credo che sia una cosa bruttissima: molto meglio un romanzo brutto di uno che non lascia alcuna traccia significativa, nel bene e nel male.
Gli unici pregi che ha sono due, per me: è scritto relativamente bene (nonostante l’ignobile e continua presenza di indicativi al posto di congiuntivi e quel costante e svogliato lessico giovanile che mi fa venir voglia di strapparmi i capelli) e mi ha fatto venir voglia di scoprire i libri di Kurt Vonnegut che paiono rispecchiare il genere letterario dell’assurdo e del bizzarro che tanto prediligo.
Non me la sento per niente di consigliarlo, ma dato che globalmente è un bestseller, con tanto di plauso della critica, magari a qualcuno potrebbe piacere sicuramente più che a me.
P.S. La faccia del protagonista in copertina sembra voler dire "Strapazzami di coccole", ma io vorrei solo prenderla a sberle.
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Commenti
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Sono proprio curiosa di leggere Vonnegut :-)
Peccato che sia stato questo ciofecone a ispirarmi XD
Il brutto di un libro è proprio questo: puoi letteralmente dargli fuoco, anche a costo di ridar vita alle repressive pratiche dell'inquisizione :-)
Cecilia, mi permetto di scherzare. So che hai una sensibilità straordinaria e un amore per i libri che ci accomuna. :-)
Bruno
Complimenti!
Pia
Ancora e un po'e questo abominio mi portava via la poca sensibilità rimastami XD
Bruciarlo servirebbe a poco, chissà quanti ce ne sono al mondo :-/
sei stata molto utile!
Eh sì, modestamente ho salvato il mondo XD
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VOnnegut ? A me Vonnegut piace :-)