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Rossi fiori del Tibet
 
Rossi fiori del Tibet 2013-05-30 12:24:31 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    30 Mag, 2013
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Papaveri rossi

Lo scrittore tibetano Alai, assai poco conosciuto nel nostro paese, nel 1998 decise di immortalare un pezzo di storia della sua terra nelle pagine del romanzo “La polvere si è posata” tradotto in inglese col titolo più appetibile di “Red poppies”.
Quello narrato dallo scrittore è il Tibet di inizio novecento, dominato da un regime di stampo feudale, martoriato da feroci scontri per la conquista di territori e di egemonie.
Un paese diviso tra retaggi arcaici che lo legano ancora alle tradizioni culturali e sociali di una terra lontana dalla civiltà occidentale ed influssi esterni che poco alla volta cercano di insinuarsi e mettere radici nel tessuto socio-politico e commerciale.

Con il racconto di Alai attraversiamo il Tibet agreste coltivato ad orzo e granturco, segnato da gelidi inverni, accarezzato dalle nevi candide e da lunghe primavere fino a giungere alla diffusione della semina del papavero rosso dell'oppio; una scelta economica foriera di ricchezza seppur al caro prezzo di sangue, scontri e morte.

La lettura delle pagine di Alai ha sapore d'oriente, ha il pregio di condurci in una terra avvolta da magia, dove famiglie ricche e potenti vivono nell'agio, osservando usi e costumi tramandati da millenni ed il resto della popolazione si piega ad una vita di fatica e sottomissione.
Seguendo la storia della dinastia Maichi, l'autore propone al pubblico uno spaccato sociale interessante, animato da personaggi splendidi, perfettamente delineati nei loro ruoli, padroni e servi, uomini e donne, figli e padri, vittime e boia.
La tenerezza e la fragilità umana si scontrano con la crudeltà e la violenza, le regole del codice amoroso si scontrano con l'intransigenza delle leggi sociali e di casta.
Quello rappresentato da Alai è un mondo antico, rigido e congelato, tuttavia mostra in nuce i primi segni di disgelo, grazie al calore dello spirito di cambiamento e di evoluzione di qualche mente giovane e aperta.

Un'opera apprezzabile per il suo contenuto, che sa cogliere gli aspetti salienti di una cultura antica e lontana dalla modernità, dando risalto ad uno stile di vita a cavallo tra la fiaba e la dura realtà.
Un lavoro che pur non avendo la presunzione di ripercorrere interamente e in maniera dettagliata la storia etnica e politica del Tibet, tuttavia riesce a convogliare tanta attenzione da parte del pubblico.
Difficile esprimere un giudizio sul valore stilistico del romanzo, in quanto la traduzione dal cinese lingua ufficiale di scrittura dell'autore, all'inglese e da questa ultima lingua all'italiano, giocoforza implica un'alterazione della penna originale e , forse, una certa manomissione dei termini e dei modi espressivi.

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Commenti

8 risultati - visualizzati 1 - 8
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Erano giorni e giorni e giorni che ti aspettavo ! Come ti dicevo questo titolo l'ho in ld da anni, temevo la pesantezza...ci volevi tu a convincermi, lo prendo senz'altro. La cultura tibetana mi affascina un sacco.
Circa lo stile capisco i dubbi, e' un problema che mi pongo ogni volta che ho per le mani un Mishima ( ma prima o poi la lingua giapponese scendera' su di me in una notte mistica e finalmente lo leggero' in lingua originale).
Grazie mille !
Bella segnalazione, grazie!
Complimenti...davvero una gran recensione!
Pia
@ sharma e pia : grazie per avermi letto!
@cub: leggere questo romanzo è stata un'esperienza meritevole! mi ha regalato delle immagini cariche di significato. Penso proprio che interesserà anche te!
Penso anche io che le traduzioni ci facciano perdere qualcosa.......peccato
Bella recensione, potrei anche provarci. Adoro scoprire nuove culture e prospettive . Brava silvia
Che libro affascinante e insolito...complimenti Silvia
mmm....tibet. inizi novecento...messo in wl :-) grazie per la segnalazione e complimenti per la bella recensione :-)
In risposta ad un precedente commento
gracy
31 Mag, 2013
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Quoto tutti...interessante!! Mi manca un tibetano ;)
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