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IL BOSFORO: UN PONTE TRA IL PASSATO E IL PRESENTE
Asya Kenzaci è turca, vive a Istanbul, ha 19 anni ed è una personalità istintiva, è ribelle e disillusa, non conosce una parte del suo “passato personale”, non sa chi è suo padre. Quella parola: bastarda la prima volta che l’ha sentita non aveva alcun significato, col tempo però ha incominciato a bruciare e questo per lei è sempre stato un motivo per non voltarsi mai verso il “passato in generale”. Vive in una casa popolata da sole donne che lei chiama tutte (ad esclusione della nonna) “zie”, persino nei confronti della madre, Zeliha, usa questo appellativo…non sa perché, è sempre stato così, alla fine per lei è come essere figlia unica di tutte quelle donne. Negli anni, come una maledizione, gli uomini della famiglia Kenzaci hanno sempre avuto vita breve, così, memore dell’esperienza altrui, la madre ha optato che l’unico figlio maschio di casa, Mustafa Kenzaci, proseguisse la sua vita in Arizona, negli Stati Uniti.
Armanoush è armeno-americana, anche lei ha 19 anni, si divide tra una vita a stile stelle e strisce con la madre Rose e il patrigno Mustafa Kenzaci (sì proprio lo zio di Asya) e una vita avvolta nella cultura, nella storia e nelle tradizioni armene con il padre e la sua famiglia che anni addietro sono emigrati negli Stati Uniti per salvarsi dal genocidio degli armeni messo in atto dall’Impero Ottomano. Al contrario di Asya, per Armanoush il passato ha una rilevanza importantissima ed è proprio per (ri)trovare le sue radici, la storia della sua famiglia paterna che intraprende un viaggio verso Istanbul ed essere ospitata dalla famiglia Kenzaci.
Scopriremo così che le vite di Asya e Armanoush sono intrecciate tra loro da una trama fittissima che ha origine da un passato ben lontano. Un romanzo popolato principalmente da donne, dove ognuna di loro svolge un ruolo ben preciso nella costruzione della storia ed è artefice del proprio destino e di quello della sua progenie.
Con maestria il passato si alterna con il presente offrendo fortuna con una mano e sciagura con l’altra.
Il dramma personale si mescola e si confonde con il dramma sociale. Asya e Armanoush, due facce della stessa medaglia, rappresentano l’una il popolo turco che non vuole volgere lo sguardo al passato “ciò che è avvenuto nel 1915 è stato sotto l’Impero Ottomano, ora siamo la Repubblica Turca” e l’altra il popolo armeno che, anche a distanza di generazioni, non vuole dimenticare e la negazione di ciò che è avvenuto è ancora più doloroso e oltraggioso del genocidio stesso.
A sovrastare tutto ciò c’è la città di Istanbul che come una vera prima donna ci viene descritta nelle sue varie sfumature, calda, magica e accogliente ma anche profondamente cruda e caotica, riusciamo a sentire i rumori, gli odori e i sapori di un luogo che ti avvolge e travolge nella sua storia e tradizione. Come se non bastasse, alla scrittura leggera ma precisa nelle descrizioni si aggiunge la scelta dell’autrice di intitolare ogni capitolo con il nome di un ingrediente della cucina tipica del luogo: cannella, ceci, zucchero, nocciole tostate, vaniglia, pistacchi, grano, pinoli, scorze d’arancia, mandorle, albicocche secche, semi di melagrana, fichi secchi, acqua, uva passa, acqua di rose, riso e dulcis in fundo cianuro di potassio…ma non fatevi ingannare perché proprio quest’ultimo ha l’odore invitante delle mandorle amare!
Ecco un piccolo assaggio:
“C'era una volta, o forse non c'era.
Molto, moltissimo tempo fa, in una terra non troppo lontana, quando la paglia veniva passata al setaccio, l'asino era il banditore della città e il cammello era il barbiere... quando io ero più vecchio di mio padre e lo dondolavo nella culla se lo sentivo piangere... quando il mondo era sottosopra e il tempo era un cerchio che girava e girava. Così che il futuro era più vecchio del passato e il passato era integro come un campo appena seminato...
C'era una volta, o forse non c'era. Un tempo le creature di Dio erano numerose come chicchi di grano e parlare troppo era peccato, perché potevi dire ciò che non dovevi ricordare, e potevi ricordare ciò che non dovevi dire.”
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Commenti
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Tu mi tenti con questo commento, bella l'idea dei titoli dei capitoli :-)
Pia
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