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Che parlino le pietre
 
Che parlino le pietre 2013-05-16 22:07:44 Mario Inisi
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    17 Mag, 2013
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Un conte di Montecristo sfortunato

L’inizio della storia farebbe pensare a un nuovo conte di Montecristo. Un povero diavolo, che non ha mezza idea sul mondo in cui vive, viene perseguitato per quasi tutta la vita dalla PIDE (polizia del regime dittatoriale portoghese). E’ strappato alla sua vita felice e alla donna che ama, torturato, inseguito e riacciuffato ogni volta nel corso degli anni come il peggiore dei sovversivi, perseguitato con un’attenzione maniacale, così maniacale da far risultare la ricostruzione dei fatti che fa a distanza di anni poco credibile.
Quest’uomo identifica il suo antagonista non nel regime o nel sistema politico che sicuramente ha prodotto di tali storture, ma in un uomo in particolare, il sarto, colui che ha preso il suo posto al fianco della donna amata, la spia del regime. Ogni volta che, nella sua lunga vita, si avvicina alla casa del sarto, inizia per lui qualche nuova sofferenza. Come non pensare che sia il sarto il grande cospiratore, il Nemico onnipotente?
Le storie di questo “conte di Montecristo” sfortunato sono raccolte dal nipote, un adolescente difficile e molto solo, con una vita sentimentale ombrosa come quella del nonno. Il ragazzo infatti è innamorato della vicina di casa anoressica che ha un rapporto travagliato con l’amore e con il sesso( oltre che con il cibo).
Le storie di nonno e nipote si intrecciano anche se la vita del nipote è solo accennata, tutta proiettata com'è sulla non-vita del nonno e sul suo desiderio di vendetta che ormai ha fatto proprio. Il ragazzo prenderà la decisione di andare lui stesso a parlare a Graca dos Penedo, la promessa sposa del nonno visto che lui non sembra decidersi a farlo. E anche quella di uccidere il sarto.
Un lettore italiano si potrebbe aspettare che la vicenda punti con decisione sull’aspetto sentimentale o sulla vendetta, i due aspetti più intriganti. In realtà il libro è per buona parte il tentativo di ricostruire con estrema esattezza tutta la storia del vecchio, con la pignoleria dello storico, malgrado la mancanza di testimoni e conferme, da cui il titolo del libro: le pietre sono gli unici spettatori rimasti. Non ci sono dati di fatto, carte, archivi. Un così è se vi pare portoghese, per cui il centro della vicenda diventa il racconto del nonno e la sua attendibilità.
Certo che la grande tensione alla verità storica che caratterizza il libro, la descrizione puntuale delle torture una per una e della prigionia o l’elenco ( a tratti troppo lungo) delle menzogne/ verità dette sulla vicenda tradisce una sensibilità tutta portoghese e un’attenzione di chi è ancora legato in qualche modo ai ricordi della recente e, credo, terribile dittatura. Il lettore italiano è molto lontano da tale sensibilità nonostante i segnali allarmanti che ci arrivano sempre più fitti.
A parte la lunga ricostruzione storica della vicenda del nonno, il libro ha delle parti, tra cui sicuramente il finale, la storia del nipote e i suoi dialoghi con i genitori, molto belle. Credo che la conclusione sia perfetta.

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