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Avventure della ragazza cattiva di Vargas Llosa
Il personaggio della niña mala protagonista delle “Avventure della ragazza cattiva” di Mario Vargas Llosa trova alcune celebri antenate nella letteratura inglese e francese.
Le vite avventurose e drammatiche di Moll Flanders (Daniel Defoe) o di Manon Lescaut (Prévost), come quella della vittoriana Becky Sharp (Vanity Fair – Thackeray), non differiscono sostanzialmente dalla vita dell’arrampicatrice sociale descritta da Llosa.
Siamo di fronte a un carattere multiforme, una personalità mai definita, sempre alla ricerca di se stessa e del suo ruolo nella società. La Lucy che incontriamo nelle prime pagine del romanzo, di cui il narratore protagonista appare subito perdutamente innamorato, non è altri che la guerrigliera Arlette, Mme. Robert Arnoux, Mrs. Richardson, Kuriko. Ogni falsa identità rivela un fattore comune: il desiderio, anzi l’esigenza di cercare una posizione economica e sociale sempre più rassicurante, anche a costo di calpestare e ignorare i sentimenti degli altri.
Questa tendenza ad assumere una proteiforme personalità nasce da una vera e propria patologia che induce all’autolesionismo e all’annientamento dell’io.
La niña mala non riesce a superare l’umiliazione e il disagio dell’infanzia dovuti alla sua umile estrazione sociale. Il denaro diviene la sua unica meta, il mezzo che le consenta di raggiungere lo status sociale a cui ella aspira. Pur sentendo periodicamente una profonda carenza affettiva, nell’animo della niña riesce sempre a prevalere il calcolo più cinico. La menzogna, l’inganno, la disonestà non la condurranno tuttavia verso la libertà, ma la renderanno progressivamente più schiava, fino a distruggere, insieme con il suo animo, anche il suo corpo.
Il narratore protagonista, anch’egli schiavo di un amore irrazionale e irragionevole, supera ripetutamente le umiliazioni subite, pur di tenere legato a sé in qualche modo l’oggetto del suo amore e dei suoi desideri. Sempre alla ricerca di attenuanti per la sua donna infedele e degenerata, vede nella sua stessa professione, interprete per l’Unesco, una proiezione delle molteplici identità dell’amante, perché, egli si chiede, chi è un traduttore-interprete se non un individuo che assume personalità diverse a seconda della lingua in cui si esprime?
L’interrogativo di fondo, a questo punto, non si pone solo in termini morali, ma più esistenziali, sulla vera natura dell’io, sulla vera identità di ogni essere umano. Uno, Nessuno, Centomila.
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