Dettagli Recensione
Puff pant...
La custode di mia sorella è un overdose di parole inutili,oltre ad essere un libro incentrato sul caso di una 13enne che fa causa ai suoi genitori per riavere diritti sul proprio corpo e non più una “cavia” che mantiene in vita la sorella maggiorenne, malata di grave leucemia.
Posso dire tranquillamente che essendo ben 428 pagine,la metà di queste(200 all’incirca) seguono il filo del discorso,il resto è tutto pappardella ,magari a qualcuno può piacere,tranne che a me. Sconsiglio questo libro per diversi motivi.
Prima cosa,come già specificato, non segue bene il filo conduttore della trama ma ci si perde nei meandri di storie personali di ciascun personaggio,verremmo a conoscere esempio la storia privata dell’avvocato o del tutore ad litem(difensore dei minorenni) descritta in modo prolisso e fuorviante.
Seconda cosa troppo descrittivo,troppi nomi dei medicinali e delle fasi della malattia,zeppo di termini medici e tutto quello che concerne l’ospedale.
C’è un motto: “Il troppo stroppia”,è bene mettere un limite a tutto; inoltre , francamente, non vedo a chi possa interessare la valanga dei medicinali citati o le precise fasi di certe procedure mediche o peggio ancora,come agisce la leucemia. Una descrizione dettagliata va bene solo all’inizio,ma se continua per tutto il resto del libro risulta pesante, ed è l’unico filo conduttore rimasto indenne.
In generis posso dire che all’inizio il libro sembra davvero promettente per poi perdersi in storie che non centrano nulla con la trama, a chi può interessare il rapporto sentimentale tra l’avvocato e il tutore ad litem? Va bene un accenno, un riassunto, o un modo di narrare secondario ,invece viene risaltato come fosse fondamentale. Il tutore ad litem per esempio,che dovrebbe impersonare una figura professionale,solida sia nel lavoro che nel privato,la possiamo trovare a qualche bar frequentato da tipi poco rassicuranti a trangugiare Tequila,narrando il suo amore perduto per l’avvocato …
Molto interessante guarda!
Per non parlare poi che questa donna viene ridotta al ruolo di “ragazzotta sentimentale” anziché di figura importante e professionale,pochissimi e radi sono i momenti in cui viene presentata come tutore ad litem e la mia impressione immediata è che la scrittrice abbia avuto l’intenzione di usare il personaggio per fini sentimentali,anziché il contrario.
Oppure a chi può interessare le rievocazioni del passato da parte dei singoli personaggi?
Esempio, ti ritrovi nel bel mezzo di una disputa da tribunale(ed è anche il motivo per cui ho preso il libro,voglio dire, ogni libro ha il suo preciso argomento o no?) e pendi dalle labbra dei personaggi che fanno causa e discutono,giri la pagina,curiosissima di sapere come proseguirà ed invece ti beccherai il ricordo di quando Tizia aveva 3 anni e giocava a nascondino blablabla, Caia che smaltava le unghie e blablabla,il ragazzo che fumava e blablabla,l’avvocato che da adolescente blablabla, io dico ma chissenefrega, e confesso di aver saltato pagine (e mica 2 o tre pagine, ma 10-20…50 pagine se non di più) per continuare con il filo della trama. (!!)
Alla fine …puff pant… saltando pagine divaganti e a scopo presumibilmente “rilassante” , sono arrivata finalmente alla fine del discorso,che… non mi è piaciuto per niente. Per carità,detesto i finali scontati ma…che razza di finale si è inventata la scrittrice? (Chi lo ha letto,capirà)
Non sconsiglio mai un libro senza una valida motivazione... per cui spero di non aver offeso la sensibilità dei lettori che lo hanno trovato meraviglioso.
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Ora però...non ne sono più tanto convinta...mah...ti saprò dire....ciao