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Maniacalità distruttiva
Quando c'è passione per un'arte ci si può accontentare di coltivarla senza necessariamente essere i migliori, si può essere contenti delle proprie qualità anche se non sono propriamente eccelse. Ma quando il legame con l'arte in questione diviene viscerale, quando ad esempio un musicista non solo vuole "saper suonare" il pianoforte ma desidera addirittura "essere" il pianoforte stesso, allora non basta avere talento, non basta essere virtuosi, per stare in pace con se stessi bisogna essere dei geni, bisogna essere i numeri uno. Ma, è chiaro, non può che esserci un solo "migliore", agli altri non restano che due possibilità: continuare ad esercitare eclissati dalla sua ombra o gettare la spugna e abbandonare del tutto. E' questo ciò che succede ai protagonisti di questo romanzo di Bernhard. Tre amici studiano insieme al Mozarteum di Salisburgo sotto la guida del grande compositore russo Vladimir Horowitz, condividendo studio, casa e una passione maniacale per il pianoforte. Sono Glenn Glould, il "virtuoso", Wertheimer, il "soccombente" e la voce narrante, il "filosofo", di cui non conosciamo il nome. Sono i migliori allievi della loro scuola, tre grandi talenti, tre fenomeni. Ma soltanto uno di loro è il genio, solo Glenn Glould può essere il top, lui e nessun altro può essere considerato il più grande pianista del ventesimo secolo. Quando il canadese suona le Variazioni Goldberg per un pubblico composto solo dai suoi due compari questi si rendono conto dell'inarrivabilità del suo talento e, non volendo essere secondi a nessuno, scelgono di abbandonare la musica. Una decisione che è frutto, più che di invidia e rancore, dell’amara consapevolezza della propria inferiorità davanti al loro virtuoso amico. Ma mentre per il filosofo l'abbandono non avrà strascichi negativi, Wertheimer, da buon soccombente, inizierà una parabola discendente che, dopo una serie di sintomi di squilibrio, lo porterà a compiere un gesto estremo. Un incalzante monologo composto da un turbine di ricordi e pensieri che si susseguono e si accavallano senza tregua, con volute ripetizioni e sprazzi di amara ironia, che non segue una vera trama e non ha un classico finale, ma coinvolge e appassiona il lettore portandolo in zone spesso inesplorate della psiche umana. Un libro che dovrebbe far capire quanto possa essere pericoloso trasformare le passioni in manie e le aspirazioni in ossessioni, perché non solo le delusioni possono essere tragiche ma anche il successo frutto della maniacalità, come insegna il caso di Glould e del suo “radicalismo pianistico”, può portare alla distruzione.
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Commenti
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Sai il tuo commento mi da ripensare a quanto sia importante nella vita dare la giusta dose di energia alle cose...altrimenti si rischia , in caso di non successo , di restare a terra del tutto...
Quindi, si , è bene perseguire un sogno o una passione, ma con equilibrio...
Io ho avuto già modo di provare questa sensazione e aiuta molto.
Pia
@Gracy e Pia: grazie ragazze, sono convinto che ci voglia il giusto equilibrio in tutto ciò che si fa, quindi ho apprezzato molto questo messaggio dell'autore
@Silvia: Grazie Silvia, nella scelta del titolo sono stato aiutato dalla biblioteca di Repubblica ;-)
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