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V.
V.
 
V. 2013-04-24 17:50:19 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    24 Aprile, 2013
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V.

Non stupisce che l'opera prima di Thomas Pynchon sia stata un successo di critica e di pubblico nell'ormai lontano 1963; esemplare prodotto della corrente post-moderna, racchiude in se stesso la percezione in toto di un'epoca, in cui confluiscono passato, presente e futuro.

«[...] Dentro V., dentro lei, c'è molto di più di quanto nessuno abbia mai sospettato.
Il problema non è tanto sapere "chi" è, ma "che cosa". Che cos'è? Dio non voglia che io sia mai chiamato a fornire questa risposta, né in questa sede, né in qualsiasi rapporto ufficiale.[...] »

Così come dentro V. c'è qualcosa di più di quel che appare, così dentro al romanzo c'è un mondo di difficile comprensione raccontato con uno stile semplice e immediato, privo di virtuosismi letterari, ma con un lessico ricco e ricercato. I personaggi sono caratterizzati in modo attento e ognuno ha un ruolo fondamentale nella struttura del racconto, la quale può ad una lettura superficiale, apparire confusa e casuale, ma che, al contrario, è precisa e mai ridondate. In sintesi la trama è composta da due fili: il romanzo di Stecil che ricerca V. e il romanzo di Benny che cerca di sopravvivere con stenti e privazioni in un'America ormai priva di una guida e di valori, egli uomo inetto che si troverà a far parte della "banda dei morbosi" in cui ogni individuo vive di espedienti, felice di farlo. I due fili si intrecciano in un modo che appare casuale, ma quasi prestabilito da una Storia che si riflette in se stessa ripetendosi in un ciclo infinito e immutabile. I personaggi secondari sono le fondamenta su cui si poggia tutto il romanzo, creano la base forte e resistente che sostiene il peso di concetti inespressi, ma tangibili. Attraverso di essi Pynchon urla a gran voce il suo pensiero, antirazzista contrario ad ogni forma di oppressione, utilizza avvenimenti storici, come la rivolta e lo sterminio degli Herero rappresentandoli come irreali, descrivendo la barbarie e l'inumanità della vicenda, producendo un senso di straniamento nel lettore che non comprende più ciò che è reale e ciò che non lo è, poiché l'autore si diverte con esso, lo confonde, lo pone di fronte alla sua ignoranza.
Proprio questa impertinenza è la forza del romanzo, perché non si limita a citare, in un nozionismo sterile, spiega, racconta , descrive, arricchendo il lettore, ma confondendolo, poiché se privo della cultura necessaria, dovrà documentarsi per comprendere qual è la verità e quale la finzione.
Un gioco di specchi in cui ogni personaggio si riflette nell'altro vedendo i propri difetti e rifuggendoli, ma senza riuscire a liberarsi di essi, in cui gli eventi non riescono a riconoscersi e a cambiare, l'olocausto degli Herero richiama quello degli ebrei, la rinoplastica di Ester, giovane dall'adiato naso adunco, si fa metafora della condizione del popolo ebraico e gli esempi potrebbero continuare senza soluzione di continuo per molto tempo.
Una bellissima immersione in un mondo fin troppo reale, in cui gli odori si sentono, l'oscurita e lo squallore si vedono, in cui niente è solo ciò che è rappresentato, ma si fa metafora di un concetto universale, in cui ogni tassello serve a comprendere la complessità di V., che è tutto ed è nulla, evanescente ed inutile come solo la vita sa esserlo. Forse alla fine V. non è altro che l'essenza dell'esistenza, quell'inseguire uno scopo che non esiste, quel cercare significati a ciò che significato non ha.
Opera cardine della corrente post moderna che non può mancare al bagaglio culturale di un lettore, ma che deve seguire, senza ombra di dubbio, un senso cronologico, deve essere posta al suo giusto posto nella disgregazione, tutta novecentesca, del romanzo classico, altrimenti appare vuota e incomprensibile.

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Commenti

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Ho letto con calma la tua recensione...dovevo farlo, se non altro anche perchè io e il libro siamo del '63...
Trovo che sia un romanzo a tratti non di facile comprensione, ma talmente profondo nel suo messaggio che è sintesi di storie personali e sociali, che riesca ad appagare tantissimo quel lettore che riesca ad approcciarsi ad esso...e che riesca a lasciare profondi pensieri e validi motivi di riflessioni esistenziali...
Complimenti Silvia...io in questo periodo cerco leggerezza...ma nella vita, vedo che ogni giorno le cose cambiano...rotolano...si evolvono...stupiscono...quindi ... mai dire mai...
Con stima, Pia
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silvia t
25 Aprile, 2013
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Grazie, anche per lo sforzi di leggermi :-P, a tratti sono anche più pesante di Pynchon ehehehe.
Ti posso assicura che non solo a tratti è di non facile comprensione, quasi tutto è un groviglio di fili, ma non so cosa sia, forse l'essenza stessa dell'artista che scrive, che trasmette se stesso, in ogni frase cè tutta un'epoca, tutto un uomo. Io adoro il post moderno, anche se capisco che sia un po' autoreferenziale. un po' avvolto su se stesso. Non si possono leggere romanzi post moderni per trascorrere un po' di tempo. (ecco mi sento snob come i cinefili, che non sopportano che si vada al cinema a passare un paio d'ore :-P) Comunque io credo che una persona che voglia scrivere oggi non possa esimersi dal conoscere queste opere fondamentali, anche solo per non ripetersi, per dire cose già dette o sperimentare cose già sperimentate!
Si si, hai ragione su tutto...non ci piove e devi essere forte in queste tue validissime convinzioni che condivido pienamente...
Il problema sono io, che in questo periodo cerco leggerezza...
Grazie Sivia, per fortuna non tutti sono come me...ahahah...il mondo in questo momento rischierebbe d'essere così leggero da prendere il volo...
Pia
In risposta ad un precedente commento
petra
25 Aprile, 2013
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Molto approfondito e articolato il tuo commento, Silvia. Ti ringrazio perché è un libro molto noto, ma non avevo idea dei suoi contenuti, che sono attuali e interessanti. Bravissima!:)
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Mario Inisi
26 Aprile, 2013
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Silvia, mi hai fatto venire voglia di leggere Pynchon che non conosco per niente. Ho sempre pensato che la letteratura postmoderna non facesse per me ma ho quasi cambiato idea.
Mi consigliate di iniziare da V:?
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silvia t
26 Aprile, 2013
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Che bel complimento, credo che sia la cosa più bella che possa sperare di ottenere.
Se vuoi puoi dare un'occhiata al gruppo sui classici moderni e ho scritto qualcosina. Io ti consiglio di leggere prima L'ulisse di Joyce se non lo hai ancora fatto, perché è stato il primo e in quel volume c'è tutto, è davvero notevole e da lì poi parte tutta la sperimentazione tipica del novecento. In ogni caso credo che tu possa leggere anche subito Pynchon, ma l'effetto potrebbe essere straniante!
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Mario Inisi
28 Aprile, 2013
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In che senso?
Scusami non avevo visto la domanda (non mi arrivano le notifiche a voi si?)
Nel senso che la prima volta che ho letto "L'urlo e il furore" di Faulkner senza successo, quel modo di scrivere mi colse impreparata e del tutto inaccessibile. Non riuscivo a capire quel flusso di pensieri, quella rottura completa con il romanzo classico, unica forma di scrittura che conoscevo. Pensai, abbandonandolo, che fosse una presa di giro, poi con gli anni, cominciando a leggere le opere del novecento in successione ho capito come gli artisti hanno voluto scomporre le frasi e cercare di rappresentare tutto in modo contemporaneo, presente, passato e futuro nello stesso istante, spingendosi sempre più in là. Pynchon è molto semplice da un punto di vista stilistico, ma la quantità di personaggi e di situazioni che vengono raccontate potrebbero sembrare eccessive, ma non lo sono. Comuqnue provaci, almeno posso confrontarmi con qualcuno, sembra che nessuno lo abbia letto!!!
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