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Cecità
 
Cecità 2013-04-20 23:57:15 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    21 Aprile, 2013
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Siamo sempre stati ciechi

"La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano allora il tuo corpo è tutto nella luce, ma se è malato anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada che la luce che è in te non sia tenebra." Luca 11-34-36
Il riferimento/polemica con il testo sacro mi pare continui anche in questo bellissimo romanzo di Saramago.
La cecità che colpisce prima alcuni individui per poi dilagare in tutto il paese non è una cecità normale, ma una cecità bianca in cui tutto sembra troppo luminoso. Una cecità non solo fisica, ma soprattutto metafisica e metaforica, una cecità dell’anima.
L’occhio è infatti l’unica parte del corpo in cui ancora rimane un po’ di anima.
L’epidemia di cecità tirerà fuori il peggio di molte persone rendendolo evidente. Metterà a nudo ciò che in altre condizioni restava coperto e mascherato: l’anima. L’anima diventa visibile.
La descrizione dell’internamento in una specie di campo di concentramento circondato da guardie e filo spinato, con le enormi camerate e i lunghi corridoi è così perfetta che mi sono sentito uno dei ciechi della camerata, lì a girare con loro brancolando per i corridoi o sotto il tiro dei fucili dei soldati. La descrizione del deteriorarsi delle condizioni di vita nel campo è perfettamente verosimile. Sotto minaccia della fame, del ricatto, della violenza alcuni ciechi diventano ancora più ciechi, e altri più uomini. In diversi punti della storia viene in mente l’insulto spesso rivolto da Gesù ai farisei (Ciechi!) per il fatto che si approfittano della loro condizione di superiorità per avere vantaggi sugli altri esattamente come fanno i ciechi della terza camerata. Alla fine però i ciechi della prima camerata riusciranno a uscire dal campo di internamento con l’aiuto dell’unica di loro che ha conservato l’uso della vista: la moglie dell’oculista, che naturalmente, ironia del destino è diventato cieco tra i primi.
Le vicende fuori del campo di concentramento sono secondo me appena meno interessanti. La descrizione si fa a tratti addirittura leggermente didascalica ( non me l’aspettavo dopo Caino). Da notare che mentre in Caino lo scrittore era stato assolutamente caustico e totalmente pessimista nei confronti dell’umanità ( e di dio), non aveva fatto sopravvivere nessun uomo a parte Caino destinando la specie umana all’estinzione, in questo testo c’è uno spiraglio di fiducia nella razza umana notevole. Esistono ancora degli esemplari che meritano di vivere, che possono dirsi uomini. In questo libro più che un contrasto trovo quasi un accordo con il testo sacro, a parte la nota polemica offerta dai quadri e dalle statue dentro la chiesa dove qualcuno ha pennellato di bianco gli occhi di tutti i personaggi e bendato le statue: se gli uomini sono ciechi allora anche i santi, dio e tutto ciò che è dotato di anima è affetto dalla stessa cecità. Creatore e creatura soffrono dello stesso male, così come lo scrittore che compare nel libro come personaggio è cieco allo stesso modo delle sue creature. L’unico “non cieco” è chi offre la vista, i suoi occhi, per gli altri: quindi in chiesa l’unico personaggio dei quadri che non porta la benda bianca è santa Lucia che offre gli occhi su un piatto e nella storia la moglie del medico che si dichiara cieca di sua volontà per seguire il marito e che usa la vista solo per aiutare il prossimo. Mai le viene in mente di approfittare della temporanea condizione di superiorità sugli altri uomini per trarne vantaggi materiali personali. La sua è solo, se mai, una superiorità morale e la sua limpidezza morale è contagiosa.
Tutto sommato la inaspettata fiducia nell’essere umano di Saramago in questo libro apre anche a un atteggiamento meno caustico verso Dio. Credo che Saramago imputi a Dio la grande colpa di aver creato l’uomo a Sua immagine e che copia ( e quindi presumibilmente originale) lascino a desiderare. Ma qui qualcuno merita di salvarsi perciò dobbiamo pensare che anche la cecità di Dio non sia stata così disastrosa. Il finale lascia la speranza di una possibile guarigione dell’anima.
Ora sono curioso di legger il Vangelo di Saramago.

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La peste di Camus
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Commenti

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Io invece ho accolto con sollievo l'uscita dal campo di internamento. La narrazione cominciava a diventare monotona.
In risposta ad un precedente commento
Mario Inisi
21 Aprile, 2013
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A me è sembrata entusiasmante.
Aaaaahhh :D son contenta ti sia piaciuto, per me è una soddisfazione consigliare libri che poi vengono apprezzati!! Vedrai che anche il vangelo non ti deluderà-ciao
In risposta ad un precedente commento
Mario Inisi
22 Aprile, 2013
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Grazie del consiglio. Ora ho l'assedio di Lisbona che però sembrerebbe meno promettente. Mah!?
leggendo la tua recensione, mi è venuta voglia di rileggere cecità, non avevo colto tutta la tematica religiosa!
avevo colto solo l'aspetto di una cecità dell'anima, che poi viene ripreso e ribaltato in scritto sulla lucidità.
grazie
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