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Tutti i nomi 2013-04-02 10:47:28 catcarlo
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
catcarlo Opinione inserita da catcarlo    02 Aprile, 2013
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Tutti i nomi

Non è semplice entrare in sintonia con questo decimo romanzo di Saramago, uscito nella seconda metà degli anni Novanta. Prima di tutto per l’approccio ‘creativo’ alla grammatica e alla sintassi: i dialoghi sono scritti senza altra separazione fra le battute che una virgola e contribuiscono a pagine e pagine che scorrono senza andare a capo, il punto di vista può cambiare all’interno del singolo (benché lungo) capoverso con frequenti incursioni del narratore, le discrepanze dei tempi verbali sorprendono cambiando all’improvviso il ritmo del racconto. Poi per la storia all’apparenza minima, in cui un uomo qualunque, impiegato di mezza età, si incaponisce nella ricerca di una donna la cui scheda anagrafica gli è capitata in mano per caso. E’ perciò fondamentale riuscire a prendere il ritmo senza prima perdere la pazienza: una volta fatto, quelle che al primo impatto paiono difficoltà divengono ingredienti di una lettura che finisce per ipnotizzare. Il caso, ovvero la scheda di cui sopra, offre al signor José – l’unico che abbia un nome in una storia che ha uno dei suoi centri nel luogo dove sono conservati ‘tutti i nomi’ – la possibilità di ravvivare una vita senza qualità e tanto solitaria da costringerlo a battibeccare con il soffitto della sua modestissima abitazione: il mediocre impiegato scoprirà così dentro di sé una sorta di mister Hyde che lo porterà a mentire, trascurare i suoi dovere e giungere fino all’effrazione in una delle parti più memorabili del romanzo (essendo l’altra, ancora migliore, la visita all’immenso cimitero cittadino, ormai fuori da ogni controllo). L’azione si svolge in una città anonima di un Paese sconosciuto ed è dominata dalla mole – sia nel senso di edificio, sia psicologica – della Conservatoria Generale dell’Anagrafe, con la sua rigida organizzazione verticistica che però è incapace di frenare il caos specie nella sezione dedicata ai morti: uno sfondo anonimo, abbozzato a grandi linee, che, assieme alla linea narrativa ridotta all’osso, consente all’autore di riflettere, e far riflettere, sulla vita e sulla morte ma, forse ancor di più, sull’essere e l’apparire nel corso dell’esistenza e nei rapporti con gli altri. Non solo il signor José finisce per comportarsi in modo inatteso anche per lui stesso, ma tutti gli altri personaggi si dimostrano diversi dalla prima impressione che si ha di loro: le persone cambiano, come la fama dei personaggi di cui il protagonista colleziona informazioni, così che un nome può essere solo un’etichetta e non è neppure detto che sia quella giusta. Sono tutte considerazioni che l’autore si limita a suggerire, queste e molte altre per le quali il lettore può trovare spunto in un determinato passaggio del romanzo: il tono è infatti tutto meno che pedante, anzi Saramago usa spesso l’arma del sottile umorismo, più acuto nei confronti delle convenzioni sociali e invece più sorridente riguardo al signor José, al quale, malgrado la sua banale normalità, non si può non guardare con partecipata simpatia.

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Commenti

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Catcarlo...bravo! Mi hai fatto rivivere questo libro indimenticabile...quello della punteggiatura è lo stile unico nel suo genere del genio Saramago! E il pastorello? Che originalità...
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