Dettagli Recensione
Un vicolo grande grande.
Ricordo ancora il momento in cui il mio sguardo si è soffermato - in maniera piuttosto decisa - sulla copertina di questo libro, perché alla fine sono un inguaribile esteta.
Era il primo libro che leggevo di Steinbeck e ne sono rimasto totalmente rapito, piacevolmente rapito, da questa realtà così magica, fatta di alti tristi e di bassi divertenti.
Questa sinergia è difficile da spiegare senza rischiare di raccontarvi il libro.
La storia scivola via tra un dialogo tra ubriachi e un dialogo alcolico che non sta ne in cielo ne in terra per l'assurdità delle frasi sconnesse.
Ha a sua disposizione un mondo intero eppure svolge l'intera vicenda in un ambiente circoscritto: la casa di un dottore, la casa dei "mascalzoni" e il negozio del mercante, il tutto racchiuso in un vicolo, appunto il vicolo Cannery.
Questa è una caratteristica di Steinbeck, ambientare piccole vicende, in un piccolo spazio, e questo non minimizza nulla, anzi a mio avviso conferisce al racconto una dimensione immensa.
Per rendere l’idea vi farò un esempio: preferite un ristorante grande, pieno di gente e quindi caotico e sterile o una piccola osteria, calda, riservata, magari col camino in un angolo e con la nonna del proprietario in cucina?
A voi la scelta!
La vicenda ruota intorno ad un paio di pantaloni bucati, uno di scarpe aperte, una bottiglia con tutti i rimasugli di altri alcolici, una festa a sorpresa riuscita male, una caccia alla rane, una stufa pesantissima, un cane randagio, ed infine una festa non più a sorpresa ma stavolta riuscita bene.
Finito di leggere il libro si ha la sensazione di aver letto appena cinque pagine.
Ti lascia dentro un vastità di contenuti e di rilassatezza mista ad una tristezza di aver perso qualcosa di importante.
Sulla scia di questo libro ho deciso di leggermi anche Pian della Tortilla...ma questa sarà un'altra recensione!
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