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Siamo arrivati fino a qui.
Sento freddo, tanto freddo. Vedo ghiaccio, tanto ghiaccio. E sento la solitudine. La sento nell'anima e la vedo con lo sguardo se mi guardo intorno. Perché in tutto questo ghiaccio e neve c'è una sola casa. La mia. E c'è una sola persona: io.
“Nella mia vita ho visto molte persone piangere. Quando ero ancora un medico, ho incontrato persone moribonde e altre costrette ad accettare che qualcuno a cui volevano bene era stato colpito da una malattia incurabile. Ma nessuna di quelle lacrime ha mai emanato un odore che ricordasse quello delle lacrime di mia madre.”
Sono cauta nella lettura. Non so cosa aspettarmi da Fredrik Welin, tutto è raccontato in modo così casuale. Ma mi sembra troppo casuale. La prima forte impressione che quest'uomo mi fa è quando leggo “d'improvviso provai il desiderio di chiudere la porta e gettare la chiave. Con il tempo Harriet sarebbe diventata parte del formicaio.”
Il libro è un lungo racconto di ciò che quest'uomo vede e pensa; i suoi pensieri sono il fulcro della narrazione. Il ritmo è inizialmente incalzante, poi tende a rallentare, sembra quasi scritto da due mani diverse o in due tempi diversi; i dialoghi sono lunghi e lo scenario è sempre molto circoscritto; tende forse un po' a cadere l'attenzione, ma vuoi sapere di più, vuoi conoscerli tutti i suoi pensieri.
“Non sono venuta qui per accusarti, ma per chiederti di mantenere una promessa... Voglio che mi porti lassù. … Voglio vederlo. Anche se è coperto di ghiaccio e neve. Per sapere se è vero. ..Voglio che tu mantenga la tua promessa. La vita è navigare con una piccola barca in un flusso di promesse che muta di continuo, senza mai arrestarsi. Quante di queste promesse ricordiamo? Dimentichiamo quelle che vogliamo tenere a mente e ricordiamo quelle delle quali preferiamo liberarci. Le promesse tradite sono come ombre che danzano in cerchio nel crepuscolo. Più invecchiamo, più riusciamo a vederle chiaramente. ...”
“Siamo arrivati fino a qui. Non oltre. Ma fino a qui.”