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Bellissima Favola onirica
‘L’altro colore dell’inverno’ è una favola. Una favola piena di sentimento, amore, speranza che s’intrecciano indissolubilmente a realtà dure, violente. Descritte con semplicità, naturalezza, senza fronzoli a mitigarne la crudezza.
Un racconto reale e visionario insieme, dove immaginazione e realtà non si scontrano ma s’intrecciano fino a diventare una sola dimensione indistinguibile, dai toni cupi e vividi. In un baluginare di sfumature che si susseguono in diversi tempi e luoghi, attraverso la narrazione di un’intera vita, quella di Ilana.
Con un registro colloquiale perfetto, Ilana racconta se stessa e la sua avventura, dall'abbandono del minuscolo villaggio nel cuore di una foresta innevata (dalla descrizione riconducibile alla Russia /Est Europa, una vera ambientazione da racconto dark) al viaggio d’emigrazione che la poterà in una terra nuova e immensa, completamente diversa dalla piccolissima porzione di mondo fino allora conosciuta. E mentre gli anni passano, ricchi di avventure, incontri, situazioni a volte surreali, alla sua voce si aggiungono quelle della figlia, della nipote, della bisnipote. Altre generazioni di donne che vivono cambiamenti socio-culturali diversi, che sono tanto diverse tra loro da scontrarsi l’una con l’altra; eppure tutte legate da un filo indistruttibile, quello dell’eredità del sangue e di un passato che un intero oceano di distanza non ha potuto cancellare. Di origini che affondano in una terra lontana, vaga e fumosa, che solo Ilana ha davvero conosciuta.
Nella loro caratterizzazione è facile cogliere i tratti personali e distinguibili di ciascuna, ma ne è ugualmente chiara la radice comune, trasparente anche nella loro fisicità (come i bellissimi capelli corvini).
Tra tutte è proprio Ilana che spicca, non solo perché è la voce predominante che ci guida dall'inizio della storia, ma perché è impossibile non restare affascinati da questo personaggio che non è esattamente il modello dell’eroina classica (e forse proprio per questo). Un personaggio dinamico ma al tempo stesso sempre fedele a se stesso. Con le radici ben salde in quella cultura lontana che ha voluto abbandonare raggiungendo un altro paese, ma che invece ha soltanto fatto emigrare con sé.
Il romanzo non è diviso in capitoli ma in punti di vista che si susseguono nella narrazione, alternandosi in modo efficace e mantenendo uno stile omogeneo, per mostrare di una stessa vicenda più prospettive e con l’effetto di coinvolgere sempre di più e trascinare in una lettura frenetica fino all'ultima pagina.
La Budnitz ha creato un mondo intenso, imprevedibile, che rapisce e conquista. Una storia complessa, ricca di sfumature originali e straordinarie, raccontata con una semplicità disarmante. Uno stile molto scorrevole e piacevole, grazie anche all'ottima traduzione di Martina Testa; un racconto ricco di immagini e frasi incisive che colpiscono e affondano in profondità. Un romanzo ipnotico come la sua copertina (fotografia di Andrea Hübner).
“Si amavano molto, i mie genitori. Ma all'epoca l’amore era una cosa diversa. La gente non ne parlava, non pensava nemmeno la parola, ma era lì, in ogni boccone di cibo condiviso. Era una cosa semplice, sicura, di cui non occorreva stare a discutere. Sicura come quando si soffia su una candela per spegnerla. C’è forse bisogno di chiedersi se la stanza resterà al buio?”.
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Questo romanzo è stata una bellissima scoperta casuale nel reparto dell'usato-non usato della libreria dove vado di solito e l'ho preso a scatola chiusa, per la copertina più che altro, ammetto :D ma si è rivelata una delle migliori letture, e non solo di quest'anno. Un romanzo particolare che non vedevo l'ora di consigliare.
Buona lettura!
è il libro che ispira, mi ha proprio incantato. ^^
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