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Un piccolo gigante
Per queste feste di Natale avevo proprio bisogno di buttarmi nella mischia e non fare la solita lettrice strana, volevo comprare un libro del momento, per sommo piacere del libraio, che ogni volta mi guardava come un'aliena. Avevo deciso...volevo qualcosa di leggero e non impegnativo, gli occhi mi sono caduti su questo romanzo che, nonostante tutto, era messo in un angolino solitario, ero contenta.
Mi sbagliavo, o meglio solo in parte, Espinosa ha una scrittura seducente e leggera malgrado quello che dice e racconta, il libro vola al tempo di un batter di ciglia.
Si narra la storia di un ragazzino di tredici anni, di nome Dani, che se ne va di casa per prendere una nave che lo porterà a Capri. Dani ha perso se stesso e non sa come ritrovarsi, ma in questo lungo cammino che durerà fino ai trentotto anni, incontrerà delle persone che lo aiuteranno in questa sua impresa: George incontrato sulla nave, il signor Martìn conosciuto in ospedale quando aveva solo undici anni e non sapeva ancora di essersi perso, una signora centenaria ed infine il suo pezzo mancante, la sua fidanzata. Una dietro l'altra vengono snocciolate perle di saggezza che non sono così ovvie come ci possono sembrare ad un primo impatto, aiutano il protagonista ed aiutano noi a ritrovare il vero senso delle cose, delle persone e della nostra vita. George in un discorso con il piccolo Dani gli dice “se ti perdi da piccolo non ti perderai da grande”, “prima bisogna imparare a cadere poi a camminare, così passa la paura.” Il ragazzino vive con una grande paura che gli impedirà di vivere fino in fondo, è un nano, nato da genitori nani con un fratello nano. Nonostante tutto ciò, per i pochi anni che ha vissuto con la madre prima di perderla, gli ripeterà di aver partorito “un piccolo gigante”. Il tempo le darà ragione, Dani cresce e sarà come tutti gli altri, ma lui sa di essere un nano. Questa paura che gli impedisce di crescere in tutti i sensi, lo porterà a tutte le vicissitudini che si racconteranno nel libro, le storie di vita e non, ma che lo accompagneranno e lo aiuteranno a sconfiggerla.
Paura di sapere di essere un nano e non voler generare un figlio.
Nel libro si recita una parte importante “siamo fatti da quattro pezzi fondamentali dobbiamo trovarli e metterli insieme, unirli come in un puzzle.” La bellezza di questo romanzo non sta solo nelle belle frasi e nel messaggio che ci lascia, ma anche a come è stato scritto, racconta si interrompe, racconta un'altra storia riprende e così via fino alla fine.
Il libro possiede un suo peso specifico, lo comprendiamo quando scopriamo da chi è stato scritto, uno sceneggiatore, scrittore, regista trentottenne catalano, oggi famoso, ma quando era piccolo non lo era, era solo un bambino malato di tumore che ha trascorso fino a quasi i suoi vent'anni negli ospedali con gli ammalati e le loro storie. Un uomo, oggi, a cui hanno tolto una gamba, un polmone, parte del fegato ed ora completamente rimesso ci vuole donare la vita, la sua vita e non vuole perdere tempo e perderne ancora.
I suoi occhi con cui guarda il mondo sono anche in questo libro ed ora lo regala a noi.
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