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Calvo come una pista di pattinaggio per pidocchi
Pestaggi, omicidi, rivelazioni, abbandoni, ritorni di fiamma, depressioni, fattucchiere, malocchi, doppie personalità, morti che tornano, bambini angelici e madri diaboliche: un bel crogiolo di rosa, giallo e noir. Non manca niente, nemmeno l’amore impossibile ma possibile in famiglia, nel rispetto del più autentico stile soap. Per mantenere vive l’azione e l’attenzione, l’autrice farcisce il suo (buon) polpettone di ingredienti dai sapori forti, che soddisfano il palato, ma rischiano di irritare le mucose.
Il punto debole di questo romanzo? L’eccesso. Leggendolo mi è tornato in mente il mondo fantastico di Pennac: la stessa vivacità, la stessa sarabanda di trovate. Sfortunatamente, alle nostre tartarughe manca la fantasia bizzarra che sdogana l’eccesso e la mancanza di verosimiglianza.
Eppure, il romanzo funziona. Il punto forte? Le digressioni sull’epoca medioevale, gustose e istruttive. E poi c’è il ritmo veloce, avvincente, senza cadute di tensione: l’eccesso ci trascina a scartare una sorpresa dopo l’altra. E i personaggi? Ben costruiti, ben visibili, spiccano a colori vivaci sullo sfondo, non fanno grinze. E infine, le metafore: originali, talvolta spassose.
Per finire, servo in tavola un paragone culinario: questo romanzo non è da gustare lentamente come un piatto sublime di alta cucina, ma è da sbranare come una pietanza saporita, non priva di contenuti nutrienti, ma ricca soprattutto di spezie e profumi.
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grazie per la bella segnalazione!
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