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Specchio di una società decadente
In un Sudafrica uscito da poco dalla follia dell'apartheid gli equilibri tra bianchi e neri sono ancora tutti da definire. Ne avranno una triste conferma David Lurie e sua figlia Lucy, travolti da una violenza malata e insensata figlia della rabbia e della voglia di vendetta di chi ha dovuto subire per anni l'umiliazione della segregazione per motivi razziali. Lurie è un ultracinquantenne professore universitario che in seguito ad uno scandalo sessuale che lo ha visto coinvolto con una sua studentessa si autoesilia nella fattoria della figlia, una giovane hippy omosessuale e animalista. Nonostante le enormi differenze tra i due la convivenza scorre piacevole e senza intoppi finché non avviene il suddetto fattaccio. Da questo momento in poi vengono fuori tutte le divergenze umane, concettuali e generazionali tra i due, creando un distacco in un certo senso insanabile. Coetzee propone una storia tutto sommato interessante sia per i fatti narrati che per l'ambientazione geografica e sociale e propone una profonda e curata analisi introspettiva dei personaggi. Non entusiasma invece la prosa alquanto scarna e piatta e appaiono palesemente incoerenti alcuni comportamenti dei protagonisti: due persone forti e indipendenti, in continua lotta contro le convenzioni sociali e il perbenismo che però davanti alle difficoltà sembrano abbandonarsi ad un'insensata autodistruzione che porterà David a rifiutare una via d'uscita per stupido puntiglio e Lucy ad autoproclamarsi capro espiatorio per crimini commessi da altri. Ma viene da chiedersi se nelle intenzioni dell'autore il comportamento dei protagonisti tenda in qualche modo a rispecchiare la decadenza di una società umana malata e autolesionista.
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