Dettagli Recensione
Un uccellino in gabbia
C'è un'isola con un castello privo di specchi e con finestre irraggiungibili.
Lì vive un anziano capitano con la sua giovanissima amante Hazel.
Hazel, che si crede deforme, combattuta tra la gratitudine e la repulsione che il suo amante/salvatore le ispira, divisa tra la paura di affrontare il mondo e un segreto desiderio di essere libera.
Tutto cambia quando arriva Françoise Chavaigne, un'infermiera chiamata per curarla.
Il piccolo uccellino in gabbia che Hazel è sempre stato, comincia a cinguettare allegramente, sbattendo frenetico le ali e saltellando sul trespolo della sua prigione, consapevole che qualcuno le sta aprendo una porta che finora lei credeva inesistente.
Fin dal primo istante si sviluppa un forte legame tra le due: un'amicizia profonda e devota che Hazel non pensava di poter più provare.
Perchè Françoise è il Mercurio del romanzo. Se l'antico dio greco proteggeva i medici, i mercanti ed era il messaggero degli dei, l'infermiera è nata sotto la stella della divinità, essendo messaggera di salvezza fisica e spirituale...
Che dire di questo libro? Leggero come un soffio di vento e di una bellezza delicata e fragile quanto il vetro...
Grazie ai lunghi dialoghi (assolutamente onnipresenti nello stile Nothombiano) l'atmosfera varia di continuo: si passa dalla suspense più profonda, al mistero, alla follia, all'amore, alla solitudine, indignazione, rabbia... E anche alla tenerezza.
E'splendido vedere quanto una persona possa sembrare importante per qualcuno, anche per un motivo apparentemente semplice e banale.
Ci si rende veramente conto del valore dell'amicizia, un valore purtroppo a volte usato come un vestito che un giorno lo si indossa poi mai più.
E'incredibile quanto delle semplici linee d'ebano come le parole possano regalare un mondo, un qualcosa di bello che non si dimenticherà mai.
Non è semplice spiegare parole con altre parole. Ancora di più spiegare un intero universo con le parole stesse.
Cosa sono gli aggettivi, in fondo? Dei limiti. Delle catene. Una prigione. Non bastano a descrivere l'indescrivibile.
Il logos porta bellezza nella psiche umana, ma è anche un temibile e spietato carceriere che impedisce di provare le stesse emozioni tra persone, a meno che, appunto, uno non le sperimenti da sè, leggendo quelle parole, dolci e temibili portatrici di piacere.
L'originalità e più della metà dello splendore di "Mercurio" si trovano nei due finali del romanzo: indecisa fra il lieto fine o un finale triste... Be', la Nothomb li ha inseriti tutti e due!
Ognuno può interpretare e apprezzare a modo suo il libro grazie anche a queste due conclusioni, ed è proprio questa una delle cose che più mi sono piaciute.
Commenti
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Che finale hai preferito ? Il primo o il secondo ?
IO decisamente il secondo.
@Cub: a me è piaciuto di più il primo =) Sarà che io adoro le storie che finiscono bene, però il secondo finale mi è sembrato... come dire... un po' buttato lì. Un po'forzato e troppo costruito, anche se devo ammettere che si avvicina molto di più del primo allo stile della mitica Amelie =)))
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