Dettagli Recensione
UN RACCONTO EMOZIONANTE, UN LIBRO CHE FA RIFLETTER
Georg Røed è un ragazzo di quindici anni che vive a Humleveien assieme alla mamma, Jørgen, suo patrigno, e Miriam, la sorellina di sei mesi che la mamma ha avuto dal secondo marito. Il papà di Georg è morto undici anni prima lasciandogli in eredità la sua passione per l’astronomia. Tanto che il giovane ha appena finito di preparare una tesina sul telescopio spaziale Hubble Space Telescope, da presentare ai compagni di scuola. Non sono molti i ricordi che Georg ha del padre, la cui malattia e la conseguente scomparsa avevano segnato profondamente la famiglia, ma l’adolescente ha bene impressa una notte passata ad osservare le stelle in compagnia del papà, poche settimane prima del ricovero in ospedale.
La vita scorre tranquillamente per undici anni finché compare dal passato una lettera del padre e irrompe di prepotenza nella quotidianità del giovane Georg, fatta di scuola, amici, giochi, simile a quella di tanti suoi coetanei. Una sera i nonni paterni, che vivono in un’altra città, si presentano alla porta di casa e consegnano al nipote un pacco di fogli. Dicono di averli trovati per caso nella fodera del vecchio passeggino rosso di Georg, custodito in un ripostiglio. Appare chiaro, a questo punto, il motivo per cui il padre Jan aveva chiesto espressamente che quel passeggino non fosse mai buttato via. Una quindicina di fogli, un racconto, una lettera del padre della cui esistenza tutti erano all’oscuro. Una lettera per Georg che viene consegnata nelle sue mani perché nessuno la deve leggere, almeno, non prima che la legga il legittimo destinatario.
Quando il ragazzino si trova tra le mani la busta sigillata su cui c’era scritto semplicemente “Per Georg”, è colto da una serie di interrogativi:
«Non era la scrittura della nonna, e nemmeno quella della mamma o di Jørgen. Strappai la busta e tirai fuori un grosso mazzo di fogli. Sussultai, perché in alto sulla prima pagina c’era scritto:
Sei seduto bene, Georg?
È importante che ti trovi una posizione comoda, perché ora ti racconterò una storia emozionante ..
Mi girava la testa. Che cos’era? Una lettera di mio padre. Ma era autentica?
«Sei seduto bene, Georg?»
Mi sembrava di sentire il suo vocione, e non solo su video, ora sentivo la voce di mio padre come se fosse tornato di nuovo in vita e fosse seduto lì con noi in soggiorno. (pag. 13)»
La lettera è, dunque, un racconto, quello della “Ragazza delle arance”, una sconosciuta che suo padre aveva incontrato per caso su un tram di Oslo quand’era diciannovenne. L’aveva colpito il giaccone arancione perfettamente in tinta con il contenuto di un grosso sacco di carta che la ragazza reggeva tra le braccia: delle arance. In quell’occasione il giovane Jan fa di tutto per attirare l’attenzione della ragazza, con il risultato di apparire in tutta la sua goffaggine. Ma in quel preciso istante sa che deve incontrarla di nuovo.
Inizia la ricerca nei luoghi in cui il padre di Georg crede di poter trovare la ragazza delle arance. Qualche volta le sfugge, altre riesce ad avvicinarla. La rincorre anche oltre i confini della Norvegia ed ottiene da lei la promessa che non l’avrebbe mai lasciato.
È una storia d’amore ma anche una riflessione sulla vita e sulla morte. Sul destino che attende tutti noi e che non possiamo scegliere. Di certo Jan avrebbe voluto un epilogo diverso, avrebbe desiderato veder crescere quel figlio che era stato costretto ad abbandonare quando aveva meno di quattro anni.
Quando Jan scrive questa lunga ed accorata lettera sa che la sua lotta contro il tempo è iniziata. È un medico e le malattie per lui non hanno segreti. Ciò, tuttavia, non rende meno doloroso l’approccio con la morte.
«Devi sapere che si prova una sensazione di calore intenso sulla pelle a scrivere una lettera a un figlio che si sta per lasciare, e fa piuttosto male anche leggerla. Ma ora sei un ometto. Una volta che io sarò riuscito a fermare queste righe sulla carta, tu devi resistere a leggerle. Come hai già capito, vedo chiaramente che forse sto per staccarmi da tutto quanto, dal sole e dalla luna e da tutto ciò che è, ma soprattutto da mamma e da te. E’ la verità, e fa male.»
Il racconto si chiude con una domanda rivolta dal padre al figlio:
«Cosa avresti scelto se ne avessi avuta l’occasione? Avresti scelto di vivere per un breve momento sulla terra, per poi, dopo pochi anni, venire strappato da tutto quanto e non tornare mai più? Avresti rifiutato? (pagg. 163-64)»
Una domanda difficile cui Georg troverà, seppur con difficoltà, una risposta.
Lo stile di Gaarner è semplice, a tratti infantile, ricco di frasi piccole ma dense di significato. È, in definitiva, un racconto nel racconto in cui si distinguono i due piani narrativi: da una parte la lettera del padre, dall’altra il racconto del figlio che serve a contestualizzare la narrazione di Jan, a presentarci i luoghi e i personaggi del suo presente e quelli del passato. Un intreccio temporale e spaziale che rappresenta la metafora della vita, con le sue sorprese, le sue incognite, ciò che dà e ciò che toglie in quell’ineluttabile trascorrere del tempo che si chiama esistenza.
Il linguaggio si adegua al narratore: lo scrivere del padre è semplice perché in realtà non sa quando Georg avrebbe letto la storia della ragazza delle arance, anche se spera che abbia l’età giusta per caprine le sfumature filosofiche; la narrazione del figlio rispecchia la sua giovane età e le sue esperienze, non è, quindi, complessa o artificiosa.
Nel complesso la lettura è emozionante. Nella sua semplicità “La ragazza delle arance” è un piccolo gioiello narrativo che riesce a trasmettere emozioni forti senza rinunciare a decantare la bellezza della vita, anche quando essa non c’è più.
Un libro da non perdere.
Indicazioni utili
Commenti
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Scusate ma non mi sembra proprio di aver rivelato nulla di fondamentale della trama.
L'avete letto almeno?
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O_O