Dettagli Recensione
Bella e dannata
Chi era Jezabel?
L'antico testamento ce la racconta moglie di Achab, uno dei re più crudeli di Israele, dedita al culto di Baal, dio dei popoli semitici in opposizione al dio di Israele, Yahuveh o Yehowah.
In qualità di sacerdotessa e profetessa del dio Baal spinse il marito a perseguitare i sacerdoti di Yahuveh e visse una vita dissoluta guadagnandosi il titolo di prostituta.
Contro di lei, nell'Apocalisse fu scagliato l'anatema: “ … io le ho dato tempo per ravvedersi, ed ella non vuol ravvedersi della sua fornicazione. Ecco, io getto lei sopra un letto di dolore, e quelli che commettono adulterio con lei in una gran tribolazione, se non si ravvedono delle opere d’essa. E metterò a morte i suoi figliuoli ... “
Irene Némirovsky attaglia la maledizione che cadde su Jezabel alla sua protagonista, Gladys Eysenach, che nelle prime pagine troviamo seduta alla sbarra degli imputati nel processo per omicidio di quello che viene considerato il suo ultimo amante.
Si dichiara colpevole e chiede solo che tutto finisca in fretta: vuole evitare imbarazzanti interrogatori e testimonianze sulla sua vita.
Da qui la storia si riavvolge su se stessa e inizia il racconto di quello che lei vorrebbe dimenticare e far dimenticare.
Assistiamo alla sua giovinezza, alla sua fulgida maturità, quando bellissima e desiderata scopre e impara ad usare con maestria il fascino di cui è dotata.
Ama leggere nello sguardo degli uomini ammirazione ed amore, ama leggere in quegli occhi il trionfo della propria femminilità.
Non di amore, ma solo di questo si nutre Gladys e quando il passare del tempo metterà a rischio la giovinezza e la freschezza, rinuncerà a tutto, egoisticamente sacrificherà qualunque affetto, anche quello per la figlia, per preservare agli occhi del mondo il proprio aspetto e la propria capacità di attrarre gli uomini.
Gladys è una donna avviata alla vecchiaia e incapace di accettare il passare del tempo, che vorrebbe concludere un patto faustiano per vivere ancora un anno, qualche mese, qualche settimana di felice giovinezza e spia nelle donne più giovani la freschezza di pelle, l'ovale perfetto del viso, la fluidità di movimenti che lei va perdendo. E ne soffre, di dolore autentico.
A raccontare la trama si può pensare al classico feuilleton ottocentesco, ma la penna di Irene, la sua attenzione alle tensioni psicologiche, la finezza delle descrizioni, la profonda analisi delle motivazioni e delle debolezze delle sue eroine, i finali sempre sorprendenti, fanno dei suoi racconti piccoli capolavori inattesi.
Stupisce di trovare nella Nèmirovsky, morta prima dei quarant'anni (altro crimine da ascrivere al nazismo) una così profonda comprensione dei sentimenti che accompagnano alla vecchiaia una donna che fu bella. Mi chiedo che meraviglie avrebbe potuto scrivere in seguito se la sua vita non fosse stata brutalmente troncata.
[…]
Che delizia vedere un uomo ai propri piedi...
Che cosa c'era di più bello al mondo di quel nascente potere femminile...? Era proprio questo che stava aspettando, che presagiva da tanti giorni. Il piacere, il ballo, il successo... non erano niente, impallidivano davanti a quella sensazione intensa, a quella sorta di fitta interiore che provava.
“L'amore?” pensò “Oh, no, il piacere di essere amata... quasi sacrilego...”.
[...]
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riesci a trasmettere l'anima di questo romanzo!!