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Olive: dappertutto e in ognuno (di noi)
Quando ho finito di leggere questo prezioso volumetto, mi è sembrato di richiudere un portagioie, all'interno del quale conservare le più svariate pietre, questo perché Elizabeth Strout ha scritto un libro che è un insieme di tanti racconti, ognuno dei quali è un piccolo gioiellino, che aumenta di ricercatezza verso la fine dell'opera (gli ultimi racconti 'Criminale' e 'Fiume' sono due madreperlacee). Ed attraverso questa rete di racconti ben scritti e curati, emerge la straordinaria figura di Olive Kitteridge, che lega tutte le storie presenti nel testo e, dunque, le vite interconnesse dei vari personaggi nella contea di Crosby, nel Maine, nella quale «ci si adatta alle cose, senza mai abituarsi». Crosby diventa una fotografia dell'America di oggi e di sempre e la sprezzante, forte e acuta Olive la descrizione esatta di una donna che arriva (troppo tardi?) a capire quanto si sprechi inconsciamente un giorno dopo l'altro e quanto sia importante amare, «altrimenti ci si ammala». Bellissimi personaggi (Henry, il marito, in primis), ambientazioni deliziose e dialoghi irriverenti: un eccellente quadretto per un libro Premio Pulitzer 2009 e Premio Bancarella 2010. Unico neo: a volte, nel mezzo dell'opera in particolare, è un po' troppo spossante.
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