Dettagli Recensione
Libro dolce, piacevole e ricco di suggestioni
Personalmente ho trovato molto originale il fatto che la protagonista comunicasse attraverso un linguaggio così poco conosciuto ai giorni nostri: quello dei fiori. Da non appassionata in materia, devo dire che mi ha fatto piacere conoscere il loro significato, le tecniche e la cura con cui vengono coltivati. Devo ammettere che all'inizio ho fatto fatica a simpatizzare con il personaggio di Victoria, ma poi mi ci sono affezionata perché in lei ho visto la volontà di cambiare la sua situazione, a partire dal lavoro che si è praticamente "inventata", diventando imprenditrice non solo dell'attività che ha scelto di svolgere, ma anche di sè stessa: ha avuto il coraggio e la forza di trasformarsi e di aprirsi agli altri proprio come un fiore in primavera. L'altro personaggio che mi è piaciuto fin da subito è stato Grant: la sua dolcezza, le attenzioni e l'amorevole dedizione con cui si dedicava a Victoria l'hanno fatta sbocciare piano piano, proprio come un contadino che investe anima e corpo nella coltivazione della sua terra. In fondo credo che tutta la storia sia una grande metafora per esprimere una cosa sola: crescere si può e cambiare anche; si può aspirare ad una vita migliore pur senza avere solide radici, anzi forse queste a volte sono un ostacolo alla piena espressione di sè stessi. Bisogna avere il coraggio di reinventarsi, di mettere in discussione tutto quello che si è avuto finora o quello che è mancato nella nostra vita. Un messaggio positivo, pieno di speranza e di ottimismo per tutti.
Inoltre, nonostante la tematica dell'abbandono e dell'infanzia difficile sia piuttosto ricorrente in letteratura, in questo libro si affronta il problema degli innumerevoli ragazzi che al compimento dei 18 anni escono dalle case d'accoglienza e improvvisamente si trovano a dover sopravvivere in un mondo più grande di loro. I dati che ha riportato l'autrice sono sconcertanti: a 24 anni il 31% di loro è stato in carcere, il 25% ha vissuto come senzatetto, meno della metà ha un lavoro e solo il 3% ha una laurea. Ok, si sta parlando dell'Inghilterra, però credo che la realtà italiana non sia poi tanto diversa. Ogni tanto fa bene aprire gli occhi su queste tematiche.
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Commenti
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Tra l'altro navigando in internet ho visto che l'autrice del libro che avevo menzionato ha scritto anche il seguito che si basa proprio sulle difficoltà che ha incontrato quando a 18 anni è uscita dall'istituto. Se a qualcuno interessa il titolo è "Mille volte niente".
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:-D