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IO SONO CINESE
Questo è il distintivo che Henry mette sul risvolto della giacca ogni giorno, il distintivo acquistato da suo padre, nazionalista cinese del Kuonmintang, partito che resterà al governo della Cina sino al ’49. Ma noi siamo a Seattle, negli Stati Uniti, è il 1942, il Giappone già invasore della Cina è un nemico comune. E paradossalmente questo è lo stesso distintivo che Henry vorrebbe cedere a Keiko per salvarla dal rastrellamento che porterà in quegli anni tutti gli immigrati giapponesi e i loro figli ad essere rinchiusi in campi costruiti per loro, considerati potenziali spie.
Questa è la loro storia, la storia di Henry quasi adolescente e la storia di Henry adulto. Un racconto d’amore in un’epoca di cui poco si racconta e si sa. Brevi capitoli che ne permettono una lettura comoda, con personaggi secondari ben descritti e assortiti. Ford entra nei dettagli senza farli troppo piccoli da insidiarne la fluidità. Gli spunti di riflessione sono molti, dalla diretta e pericolosa influenza del nazionalismo cinese nella vita familiare, alla complessità del rapporto padre-figlio, fino a ciò che a mio parere forse non può considerarsi come vero e proprio razzismo ma paura, paura della guerra.
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