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Fiore all'occhiello per ogni libreria
Quando ho finito di leggere “Le braci”, la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare a trovare una foto di Marai su internet. Non so perché, ma l’esigenza è stata quella di stabilire un contatto, per quanto più possibile reale e visivo, con colui che è stato il produttore di quel piccolo fiume di intensa passione letteraria che ho attraversato in circa due giorni.
Ed anche se devo ammettere che Sandor non è proprio il mio tipo, con quel suo occhietto cascante e quell’aria persa stile professorone smarrito nel cosmo, ciò non toglie che “conoscerlo” è stata una vera fortuna: in un periodo di continue e disilluse scelte di letture sbagliate, ecco un gioiellino da portare all’occhiello di ogni libreria che si rispetti.
Due amici giunti al capolinea della vita, una notte in cui tirare le somme delle loro azioni, il ricordo di una donna che è l’incastro perfetto delle loro rispettive esistenze: un romanzo introspettivo ed in grado di toccare la sensibilità di chiunque ci si avvicini; un piccolo capolavoro che racchiude i quesiti fondamentali del Vivere e che lascia libera l’interpretazione, affinchè ciascuno possa ritrovarvi se stesso.
A fare da cornice delle atmosfere sublimi ed uno stile eccellente, di quegli stili che rendono una lettura valida persino nel caso in cui si è inteso fare un elogio al brodo di pollo. Non è il caso di Marai, ovviamente: delle sue “Braci” è impossibile perdere un solo accenno, che sia di forma o di contenuto.
Non rimane che leggerlo. Non farlo sarebbe un vero peccato.
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