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Se la mamma fa l'aquila ma non ci insegna a volare
Una trama lineare, scritta in modo leggero ma senza tradire la complessità del tema. Si snoda attraverso due punti di vista narrativi: quello del figlio, Franco Cafra, che inaugura l'incipit stesso del romanzo e quello della madre, Genuflessa De Benedectis, virago che s'impadronisce del discorso narrativo così come si è impadronita, in modo totalitario, della vita dei suoi tre figli e del marito Massimiliano Cafra.
Attraverso la voce di Franco, presto soffocata dall’esuberanza materna, si delinea una vicenda familiare di castrazione maschile che svela l'infelicità tragica, spesso grottesca, delle cosiddette famiglie felici. La maschera carnevalesca attentamente costruita intorno al decoro piccolo borghese fatto di pregiudizi, razzismi, genealogie familiari assunte come codice d'onore e di rispettabilità, viene ricostruita sarcasticamente da Claudileia Lemes Dias con picchi di deliziosa ironia e profonda amarezza. L’arguzia della scrittrice ci permette di guardare dal buco della serratura il quotidiano di una famiglia chiusa in sé stessa, incapace di accettare il passaggio del tempo.
Il bilancio umano che ne deriva è in totale perdita: nessun maschio si salva dall’ accurata strategia di controllo e di sopraffazione messa in atto da Genuflessa, guardiana invulnerabile di un'intera tradizione centrata sull'uso indiscriminato dell’ipocrisia nei rapporti familiari. L’amore materno non lascia spazio ad altri affetti, nemmeno a quello coniugale e paterno che Franco, a fatica, riesce a costruirsi con Marta, una ragazza brasiliana. Distinguendosi, in questo caso, dalla totale passività dei suoi fratelli, condannati alla solitudine e all'infantilismo a vita, Franco prova a liberarsi del suo ruolo di “bastone della vecchiaia” della madre riuscendo, con la sua modesta ribellione, ad aumentare il divario tra Genuflessa e Marta.
La mansuetudine dei maschi Cafra e la reverenza totale e psicologica alla figura della moglie/ madre Genuflessa, crea una sensazione di angoscia nel lettore portato, assieme ai personaggi, in balia di una spirale di servitù che impedisce ad ogni uomo/donna di avere una percezione autentica della vita quando viziati dall'implacabile giudizio materno.
Grazie alla gestione tirannica della madre-virago, traumatizzata (?) da episodi risalenti alla sua infanzia, i fratelli Franco, Stefano e Aldo verranno trasformati in uomini-zerbini, incapaci di avere un loro ruolo diverso da quello di “figli”.