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Povere creature.
Ho la presunzione di avere una buona memoria narrativa, compensata da pessime memorie di altro genere: per esempio, scordo facilmente il nome degli autori, soprattutto se stranieri, tanto che sono riuscita a scordarmi di Kazuo Ishiguro dopo aver letto il suo splendido “Quel che resta del giorno”. Dopo questa lettura non lo scorderò mai più.
Il romanzo è distopico, ma non fantascientifico: potrebbe succedere anche adesso. I protagonisti, gli “studenti” mi hanno ricordato molto i replicanti di Blade Runner: esseri senzienti creati per essere sfruttati, umani quanto e forse più di noi, ma disumanizzati per evitare il rimorso. Se i replicanti non vengono uccisi, ma “ritirati”, gli studenti non muoiono, ma “finiscono il ciclo”. Se i replicanti sono rabbiosi e violenti, gli studenti sono stranamente remissivi: non cercano fughe o vendette, si limitano a sognare un improbabile rinvio del loro destino.
“A Madame non siamo mai piaciuti. Ha sempre avuto paura di noi. Come le persone hanno paura dei ragni o di questo genere di cose”.
Gli umani normali giocano appaiono di rado nella storia; la loro crudeltà non è mai descritta in modo esplicito, ma appaiono raccapriccianti agli occhi del lettore, così come nella finzione gli “studenti” appaiono raccapriccianti a loro.
Una grande storia narrata in modo superbo, tanto da stimolare l’inquietudine e, soprattutto la riflessione. Stimola anche una quantità domande scomode, che forse si possono riassumere in una sola: è possibile che succeda davvero? La risposta è ancora più scomoda: a pensarci bene, sta già succedendo, e non è la prima volta. Ci sono già, ci sono sempre stati, i luoghi chiusi in cui si tenta di affrontare la diversità con efficienza, ma anche con compassione: queste istituzioni illuminate sono Hailsham. E poi ci sono, ci sono sempre stati, anche i luoghi in cui i diversi vengono spogliati senza ritegno della loro umanità: istituti, prigioni, ghetti, lager. Centri di accoglienza. Sì, sta già succedendo, è sempre successo. Lo sfruttamento è sempre esistito, così come sono sempre esistiti i diversi, gli speciali, gli esseri umani privati della loro anima per giustificare qualsiasi forma di abuso e di sfruttamento.
Tra gli studenti di Hailsham, quelli che ancora conoscono la compassione, fioriscono anche l’amore e l’amicizia, fiori delicati che sbocciano nella paura e sopra il fango: la narrazione di queste emozioni costituisce la parte migliore, forse la più crudele del romanzo. L’autore tesse una trama che cattura come una tela di ragno; l’esito si intuisce fin dall’inizio, ma si disvela a poco a poco ai protagonisti e al lettore, fino a denudare il suo volto: non c’è rinvio possibile, l’orrore siamo noi.
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Commenti
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Spero davvero di aver reso onore al merito del romanzo. Del resto, la narrativa distopica è uno dei generi che preferisco. Davvero hai letto parte delle tesi? Che eroe:-)
Non avevo dubbi che a casa di chiunque altro sarebbe stato meglio che a casa mia :-)
Bravissima!
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Tra l'altro ho dato un'occhiata al tuo sito e letto una parte delle tue tesi, tutto molto ben fatto e interessante. :-)